Sembra quasi una “congiura” verso gli italiani costretti da una favorevole aspettativa di vita a restare al lavoro per un tempo sempre più lungo, fino a 67 anni. Dopo l’Istat, secondo il quale l’aspettativa di vita a 65 anni si allunga di cinque mesi in più rispetto al 2013, oggi anche l’Ocse dichiara che l’Italia è al «quarto posto» dei Paesi Ocse per aspettativa di vita, con 82,6 anni nel 2015.
Un argomento in più che potrebbe pesare sulla già difficile trattativa che i sindacati stanno portando avanti con il Governo per ottenere una maggiore flessibilità in uscita, rendendo così più equo l’attuale sistema e favorendo il turnover generazionale per dare più spazio alle nuove generazioni. Lo scoglio da superare non sono solo le imminenti elezioni, che lasciano poco spazio alla trattativa, ma anche la Manovra 2018, già in bilico in termini di adeguate coperture, sotto l’occhio vigile della Ue e delle sue imprescindibili richieste di equilibrio dei conti pubblici.
Il governo ieri ha proposto a Cgil, Cisl e Uil con un nuovo sistema di calcolo che per l’adeguamento dell’età per l’accesso alla pensione considera la media biennale della speranza di vita ed anche gli eventuali cali di aspettativa di vita. Lunedì prossimo capiremo meglio le risposte.
Quello che però è realmente in gioco, come ha detto anche l’Ugl, è la qualità della vita che, sempre secondo l’Ocse, è il vero tallone d’Achille. Gli italiani saranno anche i più vecchi in Europa ma nel 2017 sono al secondo posto per tasso di demenza per il 2,3% della popolazione, in procinto di arrivare al 3,4%. nel 2037 E che ne sarà dei giovani? Con la precarietà dilagante e con l’unica certezza di saltare da un lavoro all’altro rischiano comunque di essere costretti a continuare a lavorare, ma ben oltre l’aspettativa di vita, perché non avranno versato sufficienti contributi.