Avv. Giovanni Magliaro

Con sentenza n. 2499 del 30 gennaio 2017 la Cassazione ha ribadito alcuni importanti principi in relazione alla proporzionalità tra la condotta del lavoratore disciplinarmente rilevante e la sanzione comminata dall’azienda.
Un dipendente dell’azienda Gucci aveva pubblicato su una chat privata del social network Facebook denominata Vaselina day una immagine ritenuta lesiva del marchio. Tale immagine raffigurava un tappo di vaselina col segno distintivo del gruppo Gucci e una persona di spalle con il dito medio puntato sul fondoschiena. Sotto c’era la scritta “Gucci Vaselina la trovi nei migliori outlet”. Va ricordato che sulla chat i lavoratori si scambiavano informazioni sull’incontro sindacale per il rinnovo del contratto integrativo. L’azienda, ritenendo che tale comportamento avesse offeso gravemente la sua immagine e che ciò non consentisse la prosecuzione nemmeno provvisoria del rapporto di lavoro, aveva licenziato per motivi disciplinari il dipendente in questione.
Avverso il provvedimento il lavoratore aveva presentato ricorso al competente Tribunale di Firenze deducendo la mancanza di proporzionalità del licenziamento e asserendo che lo stesso aveva natura ritorsiva. Infatti lui era stato assunto originariamente a tempo determinato ed inserito nell’organico aziendale solo a seguito della impugnazione in via giudiziale della apposizione del termine. Quindi l’addebito disciplinare non era altro che un espediente per allontanare un lavoratore rientrato da appena un anno in esito al precedente contenzioso e che per di più si era dimostrato, con la attiva partecipazione alla chat, per nulla remissivo alle iniziative datoriali sulla organizzazione del lavoro cercando di coinvolgere altri colleghi nella contestazione della fase di rinnovo degli accordi sindacali aziendali.
Prima il Tribunale poi la Corte di Appello avevano accolto i motivi del ricorso ritenendo che era assente un motivo legittimo di licenziamento, essendo evidente la banalità del fatto contestato : la immagine pubblicata recava una vignetta satirica non dissimile dalle rappresentazioni quotidianamente diffuse dai mass media; il disegno aveva ricevuto una diffusione limitata ai dieci colleghi partecipanti alla chat; non risultava che la vignetta avesse avuto diffusione ulteriore sul web e che potesse avere qualche interesse per il pubblico degli acquirenti di prodotti col marchio Gucci. Quindi l’unico motivo plausibile era quello ritorsivo sanzionato con la nullità dall’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori.
La Corte di Cassazione, con la decisione sopra richiamata, ha rigettato il ricorso proposto dall’azienda confermando le sentenze dei giudici di merito.