A buon intenditor poche parole: «Non facciamoci prendere dalla retorica del “va tutto bene” e “abbiamo voltato l’angolo”». Forse sono rimaste un po’ troppo sottotraccia le osservazioni di ieri di Carlo Calenda, ministro dello Sviluppo economico, durante il suo intervento alla presentazione del rapporto sugli scenari industriali del Centro studi Confindustria. Parole che smentiscono, almeno in parte, la narrazione ottimistica degli ultimi anni. Dalla ripresa del ciclo economico (“il paese fuori dal tunnel”) al miglioramento dei livelli occupazionali, tanto per citare un paio di esempi tra i più in voga. Altre due sono state le considerazioni chiave di Calenda, quasi a sottolineare una necessità catartica a pochi mesi dal voto nazionale, la volontà cioè di mettere le cose al loro posto. La prima: «La crisi non è alle spalle». La seconda: «Noi abbiamo oggi appena imboccato un recupero». Come a dire: c’è ancora molto da fare. E la conferma, se mai ce ne fosse davvero bisogno, è arrivata giustappunto oggi con le stime economiche della Commissione europea, di fatto un invito alla prudenza. La ripresa italiana accelera nel 2017 (Pil +1,5%), ma la crescita resta la più bassa dell’UE e, soprattutto, sarà più contenuta nel prossimo biennio. Tradotto: la risalita è lenta e le ferite lasciate dalla lunga recessione non sono rimarginate del tutto. «La crisi non è alle spalle non solo perché lo dicono i numeri, ma perché la nostra realtà imprenditoriale è andata incontro a un processo di selezione brutale», è stato il ragionamento di Calenda. Certo – qualcuno potrebbe obiettare – il ministro ha assicurato soltanto pochi giorni fa che non si candiderà alle imminenti elezioni, dunque non ha bisogno di illustrare cifre che non stanno né in cielo né in terra a fini propagandistici. In più anche il contesto gli era favorevole (Confindustria lamenta non pochi ritardi, su tutti la crescita debole dei prestiti alle imprese), ma è piuttosto evidente che abbia voluto comunque parlare a nuora perché suocera intenda: «Il Paese sarà a rischio se nella prossima campagna elettorale i programmi economici si fonderanno su distribuzioni a pioggia». Mance e mancette, per dirla con termini meno nobili. E mentre un ex premier si gongola in tv per i (presunti) successi del suo governo (di cui anche Calenda ha fatto parte, è doveroso ricordare), c’è una realtà più profonda che guarda alla pancia dei cittadini e delle imprese e che merita maggiore attenzione. Contrordine: la crisi non è alle spalle. Ma non ditelo a Renzi.