Se non fosse una questione tanto grave, poiché si gioca sulla pelle dei lavoratori e delle lavoratrici, sarebbe anche divertente seguire l’evoluzione delle offerte che il governo sta provando a mettere sul tavolo delle pensioni. A fronte di una diffusa richiesta di introdurre una maggiore flessibilità in uscita, richieste peraltro provenienti da larga parte del Parlamento e da tutto il sindacato e non solo dalle sigle ammesse al confronto, l’esecutivo ha risposto proponendo un ampliamento delle categorie coperte dall’Ape social, dalle attuali undici fino a quindici, con l’aggiunta dei marittimi, compresi i pescatori, gli operai agricoli, quelli della siderurgia e gli stampatori a caldo. Una non risposta, quindi, alla luce soprattutto delle risorse stanziate che permetterebbero un allargamento della platea a non più di 17mila unità, per le quali non si applicherebbe nel 2019 l’incremento del requisito dell’età. Se poi consideriamo quanto già successo nella prima fase attuativa della normativa sull’anticipo pensionistico, con il 70 percento delle domande rigettate dall’Inps, è di tutta evidenza come, al momento, la distanza da colmare è enorme. Non è un caso che nel corso della audizione di lunedì scorso, Cgil, Cisl e Uil si sono mostrate abbottonate, salvo poi lanciare qualche segnale ultimativo nelle giornate di ieri e di oggi, mentre l’Ugl da subito ha evidenziato come la questione previdenziale non può affrontarsi semplicemente con una soluzione tampone.