Avv. Giovanni Magliaro

Ai sensi dell’art.33, 5 comma, della legge 104/1992, il divieto di trasferimento del lavoratore che assiste con continuità un familiare disabile convivente opera ogni volta che muti il luogo geografico di esecuzione della prestazione anche se lo spostamento venga attuato nell’ambito della medesima unità produttiva. Il rifiuto del dipendente di assumere servizio nella nuova sede è legittimo qualora il trasferimento sia idoneo a pregiudicare l’assistenza del familiare e il datore di lavoro non provi che tale trasferimento è stato disposto per ragioni tecniche, organizzative e produttive che non potevano essere soddisfatte altrimenti.

 Con sentenza n. 24015 del 12 ottobre 2017 la Cassazione ha stabilito alcuni importanti principi in relazione alla legge 104/1992 e in particolare al quinto comma che riguarda il trasferimento del lavoratore.

Un lavoratore, dipendente della società Sogart Service, era stato trasferito dalla mensa del carcere di Poggioreale a quella del carcere di Carcarino. Il lavoratore si era rifiutato di svolgere la prestazione lavorativa presso la nuova sede ed era stato per questo licenziato. Il rifiuto era motivato sulla base della legge 104/1992  dal momento che lo stesso fruiva dei benefici per assistere il padre convivente affetto da grave handicap. Il lavoratore aveva impugnato il licenziamento e prima il Tribunale di Napoli e poi la Corte di Appello di Napoli avevano confermato il licenziamento rigettando il ricorso.
Nel ricorso per Cassazione il lavoratore in sostanza affermava che il licenziamento era illegittimo in quanto il rifiuto di esso ricorrente di prestare servizio presso la sede di nuova destinazione conseguiva alla illegittimità del trasferimento disposto in violazione dell’art. 33, comma 5, della legge 104/1992.
La Corte di Appello aveva confermato il licenziamento sostenendo in sintesi che la nuova sede di lavoro si trovava a pochi chilometri di distanza da quella originaria e quindi la sanzione risolutiva era proporzionata alla condotta addebitata perché costituiva violazione dei doveri fondamentali che incombono sul lavoratore il quale avrebbe potuto contestare la legittimità del trasferimento pur andando a prestare lavoro presso la nuova sede.
La Cassazione è stata di diverso avviso ed ha accolto pienamente il ricorso del lavoratore. In particolare ha affermato che nel necessario bilanciamento di interessi e di diritti del lavoratore e del datore di lavoro dovranno essere valorizzate le esigenze di assistenza e di cura del familiare disabile del lavoratore, occorrendo salvaguardare condizioni di vita accettabili per il contesto familiare in cui la persona disabile si trova inserita ed evitando riflessi pregiudizievoli dal trasferimento del congiunto ogni volta che le esigenze tecniche, organizzative e produttive non risultino effettive e comunque insuscettibili di essere diversamente soddisfatte.
La Corte ha fissato questi importanti principi.

“Ai sensi dell’art.33, comma 5, della legge 104/1992 il divieto di trasferimento del lavoratore che assiste con continuità un familiare disabile convivente opera ogni volta che muti definitivamente il luogo geografico di esecuzione della prestazione anche se lo spostamento venga attuato nell’ambito della medesima unità produttiva”.

“Il trasferimento del lavoratore legittima il rifiuto del dipendente che ha diritto alla tutela di cui all’art.33, comma 5, legge 104/1992 di assumere servizio nella sede diversa cui sia stato destinato ove il trasferimento sia idoneo a pregiudicare gli interessi di assistenza familiare del dipendente e ove il datore di lavoro non provi che il trasferimento è stato disposto per effettive ragioni tecniche, organizzative e produttive insuscettibili di essere diversamente soddisfatte”.