di Francesco Paolo Capone
Segretario Generale Ugl

La storia del “mezzo pollo di Trilussa” è sempre attuale. Scrisse il poeta: «Da li conti che se fanno seconno le statistiche d’adesso risurta che te tocca un pollo all’anno: e, se nun entra nelle spese tue, t’entra ne la statistica lo stesso perché c’è un antro che ne magna due».
Proprio oggi gli Indicatori di mortalità della popolazione residente relativa all’anno 2016 diffusi dall’Istat ci dicono che l’aspettativa di vita è aumentata a 82,8 anni (+0,4 sul 2015, +0,2 sul 2014) per il totale dei residenti in Italia, il che vuol dire che si è allungata di 5 mesi rispetto al 2013. Ciò significa che, con l’automatismo stabilito dalla legge Fornero tra aspettativa di vita e età pensionabile, nel 2019 si andrà in pensione con 5 mesi di ritardo rispetto ad oggi. E gli italiani, non il “pollo”, tirano il collo.
Ma le statistiche dicono anche che i più longevi in Italia sono gli abitanti del Trentino Alto-Adige, quelli meno longevi invece i campani. Ecco il pollo di Trilussa: qualcuno avrà anche guadagnato qualche anno in più di vita, ma qualcun altro lo ha perso. Altri indicatori economici ci dicono infatti che a causa della crisi le aspettative si sono abbassate, anche perché molti rinunciano a curarsi per motivi economici.
Aggiungiamo a questa statistica quella sempre odierna dell’Istat che ci parla delle retribuzioni orarie che nel mese di settembre risultano ferme. Non c’è da stupirsi visto che sempre secondo l’Istituto alla fine di settembre i contratti in attesa di rinnovo erano 35 relativi a circa 5,3 milioni di dipendenti (41,3%) invariati rispetto al mese precedente. La maggior parte dei lavoratori dipendenti in attesa di rinnovo è nella Pubblica amministrazione (2,9 milioni di persone). Un rinnovo che sarà davvero magro, 85 euro lordi dopo 8 anni di attesa, e che quando arriverà probabilmente migliorerà le statistiche sui contratti non rinnovati. E tutti, solo nel Governo, saranno più felici.
Dunque le riforme e gli equilibri di bilancio si fanno sempre sulle spalle delle stesse persone: sulla massa dei lavoratori e dei pensionati. Questi ultimi peraltro sono in attesa di un verdetto: quello della Consulta sulla rivalutazione delle pensioni, dopo il blocco del 2012-2013 e la parziale restituzione del 2015, che rischia di far sballare la manovra 2018.
Di fronte a questo scenario e all’unica notizia certa sulla manovra 2018, visto che non se ne conosce il testo, e cioè che ben 15 miliardi di euro su 20 totali verranno destinati alla sterilizzazione dell’aumento dell’Iva e la parte restante, ben poco, alla cosiddetta crescita, possiamo nuovamente affermare che la crisi viene scaricata sulle spalle del ceto medio, che non ce la fa davvero più ma nessuno sembra preoccuparsene.
Il punto vero è che non abbiamo bisogno di aggiungere anni alla vita ma vita agli anni ovvero abbiamo bisogno di aggiungere qualità alla vita. Di fronte all’inconsistenza di salari e delle pensioni e ad un welfare incapace di rispondere alle sempre maggiori esigenze di vita, la qualità continua ad essere un miraggio o forse cibo per il “pollo”.