di Francesco Paolo Capone, Segretario Generale dell’Ugl

Siamo in periodo elettorale, tra due settimane si terranno le elezioni regionali in Sicilia e, nonostante le specificità dell’isola, il risultato delle votazioni sarà certamente un indicatore significativo per le prossime politiche, previste per la primavera del 2018.
Oggi sono stati diffusi i risultati di un sondaggio realizzato dall’Istituto Demopolis sul voto in Sicilia ed, oltre alla previsione di un confronto testa a testa fra il candidato del centro-destra Musumeci e il 5 stelle Cancelleri con un ulteriore arretramento del PD e del centrosinistra, il dato più significativo è quello in merito all’ulteriore crollo della fiducia nella classe politica e nelle istituzioni.
Se nel 2006 il 33% circa dei Siciliani riponeva affidamento nei confronti dei propri rappresentanti, oggi solo il 12% dichiara di avere fiducia nella classe politica, con ripercussioni sulla percentuale di elettori che si asterranno dal voto.
Il sondaggio rivela che, se si votasse oggi, solo poco più della metà degli aventi diritto, il 52%, andrebbe a votare. Molti, poi, hanno ancora idee poco chiare su chi scegliere e solo il 61% fra quelli che intendono andare a votare ha già un orientamento preciso, quindi soltanto un terzo degli elettori complessivi.
Questo quadro ci fa comprendere quanto profondo sia lo scollamento fra cittadini e politica, fra Popolo ed Istituzioni.
Mentre la crisi e il declino attanagliano l’Italia, il dibattito politico nazionale si svolge in un clima di farsa, dal cosiddetto “sciopero della fame a staffetta” sullo ius soli, all’approvazione in volata dalla legge elettorale, fino alla questione degli ultimi giorni, ossia lo scontro fra Visco e Renzi. Con un indifendibile Governatore di Bankitalia da un lato e dall’altro il leader del PD che, dopo le tristemente note vicende legate alle banche, Monte dei Paschi ed Etruria in particolare, oggi vorrebbe riproporsi in veste di paladino dei risparmiatori traditi, affermando addirittura che, se si facesse un referendum su Bankitalia, vincerebbe senz’altro.
Questi atteggiamenti non possono premiare a lungo, gli elettori sono prima di tutto cittadini e la buona parte di essi ogni giorno si confronta con in problemi reali del Paese: con la crisi nel mondo del lavoro, con il crescente senso di insicurezza, con il declino del nostro stato sociale, con le difficoltà del sistema del credito, con un fisco implacabile coi deboli e debole coi forti.
Non bastano battute e artifici di palazzo per riportare gli Italiani a credere nella politica.
Per affrontare il profondo disagio sociale servono progetti e proposte concrete.
Ma, ancor più importante, è riprendere a credere in ciò che si fa, recuperando il volto migliore e più sano della politica, tornando, qualunque sia l’idea di riferimento, a praticare i valori che si pretende di rappresentare. In una parola, credibilità.