di Nazzareno Mollicone
Responsabile nazionale Ufficio Questioni previdenziali Ugl

Una recente indagine dell’ISTAT sulla condizione di salute degli anziani in Italia ha descritto una situazione in cui se l’età media aumenta (anche se comincia a rallentare), aumentano però contestualmente le malattie e le invalidità: ma aumenta anche l’inadeguatezza e l’inefficienza delle strutture sanitarie ed assistenziali di cura. Sono infatti a tutti note le carenze del servizio sanitario nazionale: le lunghe liste di attesa di visite specialistiche o di analisi, che ad una certa età devono invece essere immediate ed urgenti; gli importi sempre più elevati dei “ticket” da pagare per accedere alle cure; la scarsità dei servizi di assistenza domiciliare programmata od integrata da parte delle ASL; l’assenza di norme fiscali che favoriscano l’assistenza di personale qualificato presso il proprio domicilio; ed altro ancora. Queste carenze colpiscono in modo particolare gli anziani con oltre 75 anni di età. Ricordiamo infatti che gli anziani sono numerosi e le persone con oltre 65 anni costituiscono ormai il 22% della popolazione italiana residente: sarebbe quindi opportuno che il governo, le regioni e le aziende sanitarie locali prestino maggiore attenzione ai problemi di questi cittadini. Cittadini i quali, in gran parte, sono stati coloro che negli anni dal 1955 al 1980 hanno contribuito con il loro lavoro allo sviluppo economico del Paese, e che non vanno quindi dimenticati.

La “speranza di vita”
Eppure l’ISTAT afferma, nel succitato suo rapporto diffuso alla fine del mese di settembre, che  “in termini di qualità degli anni che restano da vivere, ovvero in buona salute e senza limitazioni, l’Italia è ai livelli più bassi sia rispetto alla media dei ventotto Paesi europei sia rispetto ai soli Paesi europei confrontabili con l’Italia per dimensioni e popolazione.”
Ed anche la “speranza di vita” presenta, al di là dei numeri assoluti, delle cifre negative: “secondo i dati statistici del 2015, in Italia un uomo di 65 anni si può attendere di vivere ancora 13,7 anni in buona salute, mentre il suo coetaneo del Regno Unito ancora 16,1 anni e in media nell’Unione Europea 14,4 anni.” Viene così sfatato il mito di un invecchiamento sereno del popolo italiano, magari a causa della dieta mediterranea…se non ci sono cure, l’invecchiamento diventa doloroso e magari anche fatale. In particolare, quasi un anziano su due soffre di una malattia cronica grave  ed il 30% di essi incontra gravi difficoltà nello svolgere le attività quotidiane di tipo domestico ovvero di cura della persona.
Se questi dati vengono correlati al reddito disponibile prevalentemente dalle pensioni, risulta che solo il 3% ha una pensione (lorda!) superiore a 3.000 euro, mentre ben il 29% ne ha una che non supera i 500 euro.
La conseguenza di tutto ciò è il fatto che il 12,2% degli anziani rinuncia, per mancanza di denaro, ad almeno una prestazione con una punta del 18% per i residenti nelle regioni del Sud. Né, ovviamente, si può pensare di supplire alle carenze del sistema sanitario nazionale con una polizza assicurativa o l’adesione ad un fondo di previdenza sanitaria: è vero che nel 2015 ben il 24% della spesa sanitaria globale è stata coperta dalla spesa privata per un ammontare di 35 miliardi di lire, ma essa è evidentemente fuori dalla portata della stragrande maggioranza degli anziani ai quali, comunque, difficilmente le compagnie di assicurazione sono disposte a dare le coperture assicurative visto il loro maggior rischio di ammalarsi.

Meno risorse e maggiori tickets
Dinanzi a questa situazione, il Governo risponde con la riduzione della spesa destinata al servizio sanitario e – addirittura! – l’innalzamento del ticket mediante la previsione di un “super ticket”. Ciò è stato denunciato dalla Commissione Sanità del Senato che il 2 ottobre scorso, dando il suo parere sullo schema di “Documento di economia e finanza” ha scritto:

  • che in base alle previsioni di bilancio il rapporto tra spesa sanitaria e PIL nominale passerebbe dal 6,65% del 2017 al 6,5% del 2018, con una riduzione sostanziale al di là di un maggior stanziamento di soli 930 milioni di euro;
  • che ciò va in contrasto con quanto approvato l’anno precedente il cui documento di economia e finanza stabiliva di dover attuare “interventi atti ad allineare progressivamente la spesa italiana in rapporto il PIL a quella europea”;
  • che occorre rivedere la complessa materia della “tax expenditure” allo scopo di riformare il sistema di compartecipazione alle spese sanitarie (ticket) considerato il peso non indifferente che comporta per i cittadini, e si ritiene che vada abolito il cosiddetto “superticket” sulle prestazioni specialistiche.

Rimedi costosi ed umilianti
In questo quadro generale, gli anziani e le loro famiglie sono costretti a provvedere da soli e sono due i principali metodi con cui sopperiscono all’assenza d’interventi dello Stato:

  • o mediante l’assunzione di un’assistente, chiamata genericamente “badante” ma che in realtà dovrebbe essere un’”operatrice socio assistenziale” (OSA) la quale però è costosa (almeno dieci euro l’ora) sia per la retribuzione che per i contributi;
  • o mediante il ricovero in una casa di riposo. In questo caso, oltre alla spesa ingente, poiché sono assai poche le “residenze sanitarie assistenziali” (RSA) gestite dalle ASL, si ricorre a quelle private, che negli ultimi anni sono sorte a dismisura. Ma spesso queste case di riposo private sono mal gestite: locali poco adatti; personale insufficiente e non qualificato; assenza di assistenza medica. Oltre a ciò, vi sono anche casi autentici di criminali che speculano sulle condizioni precarie degli anziani, causandone a volte la morte: la cronaca nera ci racconta spesso episodi del genere. Esse dovrebbero essere autorizzate e controllate dalle Regioni, cosa che non avviene quasi mai.

Il ruolo del Sindacato
Il Sindacato deve farsi carico di questi problemi ed i livelli d’intervento sono essenzialmente due:

  • quello politico, intervenendo sul Parlamento affinché aumenti la spesa sanitaria, diminuisca od elimini i tickets per gli anziani anche superando i limiti reddituali esistenti, introduca norme di consistenti agevolazioni fiscali per fronteggiare le maggiori spese di cura che comunque un anziano sopporta, stabilire la detrazione dal reddito del costo dell’assistente domiciliare (la “badante”);
  • quello locale ed amministrativo, intervenendo presso le Regioni – cui è demandata la gestione del servizio sanitario – per istituire corsie preferenziali per le visite specialistiche e le analisi, potenziare i servizi di assistenza domiciliare integrata o programmata, ampliare il numero delle RSA, e soprattutto controllare accuratamente – servendosi anche della Guardia di Finanza e dei Carabinieri – la gestione delle numerose Case di Riposo private.

In questi compiti, è opportuna una collaborazione tra i sindacati dei pensionati, dei medici e della sanità d’intesa con la segreteria generale della Confederazione al fine di meglio realizzare interventi a favore dei nostri connazionali anziani.