È lo stesso presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, a denunciare quanto sia “inconcepibile registrare tutte queste morti sul lavoro, specialmente tra i giovanissimi”. Gli ultimi dati forniti dall’Associazione nazionale mutilati ed invalidi del lavoro – peraltro, purtroppo, da aggiornare, visto il decesso di due operai precipitati all’interno della cisterna del sovrappieno della diga Furore di Naro, in provincia di Agrigento – lasciano poco spazio all’immaginazione: ad agosto, gli infortuni sul lavoro denunciati sono poco meno di 422mila, con un incremento dell’1,2% rispetto allo stesso periodo dello scorso. L’impatto maggiore in termini percentuali si registra nell’industria e nei servizi (+2%) e fra i dipendenti statali (+3,3%). Gli infortuni mortali – già 682 – crescono del 4,7%. L’Anmil, celebrando la sua 67ma Giornata nazionale di sensibilizzazione sul tema dell’insicurezza nei luoghi di lavoro, ha focalizzato l’attenzione su alcuni aspetti, giustamente valutati nella loro centralità: la qualificazione delle imprese, la sorveglianza sanitaria, l’accesso al lavoro delle persone con disabilità, la rivalutazione delle prestazioni economiche Inail, le malattie professionali. Proprio su quest’ultima tematica, si registra un arretramento delle malattie professionali denunciate che segnano un calo del 2,8% rispetto allo stesso periodo del 2016. Resta da capire se tale arretramento è il risultato di un miglioramento delle condizioni di lavoro – la qual cosa sarebbe da accogliere con soddisfazione – o se, piuttosto, è da collegarsi ad altri fattori, interni ed esterni al luogo di lavoro, dalla paura di perdere l’occupazione all’innalzamento dell’età pensionabile, passando per il rafforzamento dei controlli ispettivi e per il minore accesso alle cure sanitarie e alle visite specialistiche degli italiani a causa delle difficoltà reddituali che incontrano le famiglie.