Muore dopo un trapianto di cuore, il donatore era cardiopatico: la notizia, pubblicata oggi dal quotidiano Il Messaggero, riporta in prima pagina la piaga della malasanità italiana.
Il grave errore medico risale allo scorso autunno: un cinquantacinquenne romano interrompe le vacanze e torna di corsa a Roma con la famiglia perché ha ricevuto la notizia che aspettava da tanto tempo: c’è un cuore disponibile dal San Raffaele di Milano, verrà operato immediatamente al San Camillo di Roma. Ma muore dopo 48 ore. L’autopsia rivelerà che il nuovo cuore apparteneva ad un paziente morto per infarto.
Il fascicolo per omicidio colposo, aperto a Roma, è stato trasferito a Milano perché la responsabilità medica sarebbe imputabile a chi dichiarò l’organo idoneo per il trapianto.
Il ministro della Salute, Beatrice Lorenzin, ha annunciato che saranno attivate “le procedure di controllo e verifica per comprendere cosa é successo. Mi sembra uno di quegli errori tragici ma anche inaccettabili. Cercheremo di capire se ci sono state delle falle e agiremo di conseguenza”. Il San Raffaele ha dichiarato: “Stiamo verificando e ricostruendo la vicenda”. Dal San Camillo dicono che “Il cuore era in condizioni perfette e funzionava bene”. Il direttore del Centro nazionale trapianti, Alessandro Nanni Costa, spiega che dopo i test di routine effettuati “questo cuore rispettava i criteri di idoneità”. Ma “non abbiamo potuto vedere il referto anatomo-patologico del ricevente poi deceduto – aggiunge -, e immagino che sia da lì che si potranno evincere eventuali problemi”. Insomma, fra elettrocardiogrammi, ecocardiografie e coronarografie, nessuno si è posto il problema di come fosse morto il donatore, a costo di una vita.