di Annarita D’Agostino

La Corte dei Conti bacchetta l’Agenzia delle Entrate: l’Anagrafe dei rapporti finanziari non viene usata a sufficienza o, quantomeno, in modo tale da giustificare la spesa affrontata, pari a circa 10 milioni di euro. Secondo i magistrati contabili, sono innanzitutto emersi “gravi ritardi nella realizzazione” dell’Anagrafe, prevista sin dal 1991 per rendere più efficiente l’attività di contrasto dell’evasione fiscale “ma, in concreto, divenuta effettivamente operativa ed accessibile da tutti i soggetti legittimati solo nel 2009. Così come grave – prosegue la Corte – è apparsa la situazione riscontrata relativa al suo concreto ed effettivo utilizzo per la lotta all’evasione, per il quale deve rilevarsi una grave inadempienza dell’Agenzia, che non ha mai elaborato le previste liste selettive né, successivamente, le analisi del rischio evasione”.
Venendo meno “a un chiaro disposto normativo”, l’Agenzia delle Entrate ha compiuto solo “timidi tentativi” di elaborare le liste, i quali “erano peraltro destinati comunque a realizzare uno strumento scarsamente efficace, essendo impostati sull’utilizzo dei soli dati di identificazione del soggetto e sulla natura, tipologia, apertura, modifica e chiusura del rapporto, con esclusione quindi dei dati, certamente più pregnanti ai fini della lotta all’evasione, sulle movimentazioni e sui saldi dei rapporti finanziari. In ogni caso, nessuna lista selettiva è mai stata elaborata”.
Inoltre, l’Agenzia non ha mai predisposto neppure la relazione annuale prevista dalla legge, con la quale dovevano essere comunicati alle Camere i risultati relativi all’emersione dell’evasione. E tutto ciò è avvenuto nel silenzio del ministro dell’Economia e delle Finanza che, invece, avrebbe dovuto intervenire applicando i suoi poteri di indirizzo e vigilanza.