di Claudia Tarantino

Nel mese di luglio l’Istat registra una frenata abbastanza significativa (-1,4%) per le esportazioni che, su base annua, nel 2017 risultano comunque in crescita del 5,1%. Sul fronte delle importazioni, invece, l’aumento dello 0,9% di luglio va ad aggiungersi al un trend notevolmente positivo (+10,5%) dei primi sette mesi dell’anno.

Non è una buona notizia per l’Italia perché vuol dire che, negli scambi commerciali con il resto del mondo, sono di più i beni che acquistiamo dagli altri Paesi rispetto a quelli che riusciamo a vendere oltre i confini nazionali.

Ma, analizzando i dati più nel dettaglio, si può scoprire che, al di là del calo registrato a luglio, l’aumento tendenziale dell’export è sostenuto principalmente dalla vendita di articoli farmaceutici, chimico-medicinali e botanici verso Stati Uniti, Regno Unito e Belgio, nonché di autoveicoli verso gli Stati Uniti. D’altro canto, la crescita molto più evidente dell’import è determinata dall’acquisto di petrolio greggio dai Paesi Opec, di gas naturale dalla Russia, di autoveicoli dalla Francia e di metalli di base e lavorati dalla Germania. Inoltre, sono in ascesa gli acquisti che l’Italia fa in Polonia (+35,0%), Repubblica ceca (+22,5%), Turchia (+19,0%), Cina (+14,7%) e Austria (+14,6%).

Se non altro, il surplus commerciale è di 6,6 miliardi quindi, pur essendo inferiore a quello dello scorso luglio, quando aveva raggiunto quota +7,8 miliardi, rimane comunque in attivo, portando l’avanzo commerciale dei primi sette mesi di quest’anno a 25,6 miliardi.

L’Istituto di Statistica fa notare che “il calo congiunturale dell’export coinvolge sia i mercati extra Ue (-1,8%) sia, in misura minore, l’area Ue (-1,1%)”. Inoltre, “tutti i raggruppamenti principali di industrie sono in diminuzione, a eccezione dei beni di consumo (+0,6%)”.

Un discorso a parte merita il Made in Italy alimentare che – come fa notare Coldiretti – “raggiunge un record storico con una crescita del 7,2% rispetto allo stesso periodo dello scorso anno”.

Già il 2016 si era chiuso in maniera positiva con 38,4 miliardi di euro ricavati dall’export di prodotti agroalimentari, primo tra tutti il vino, seguito dall’ortofrutta fresca.

“Se il trend sarà mantenuto a fine anno – sottolinea la Coldiretti – saranno superati per la prima volta nella storia i 40 miliardi di euro di export agroalimentare che è cresciuto sia nei paesi dell’Unione (+5,1%) che soprattutto in quelli fuori dell’Europa, dove ha messo a segno un incoraggiante +10,8%”.

A penalizzare la commercializzazione dei nostri prodotti all’estero, però, oltre alla contraffazione, è anche il Trattato di libero scambio con il Canada (CETA), in corso di ratifica in Italia, con cui per la prima volta l’Unione Europea accorda il via libera alle imitazioni permettendo, in questo caso al Canada, di produrre e commercializzare delle ‘copie’ dei prodotti Made in Italy più prestigiosi, come il Parmigiano Reggiano ad esempio.

“La svendita dei marchi storici del Made in Italy agroalimentare – avverte Coldiretti – non è solo un danno sul mercato canadese, ma è soprattutto un pericoloso precedente nei negoziati con altri Paesi anche emergenti che sono autorizzati così a chiedere le stesse concessioni ai concorrenti più insidiosi delle specialità Made in Italy all’estero”.