Il datore di lavoro può monitorare le mail di un dipendente, ma fino ad un certo punto e, soprattutto, solo se la privacy è adeguatamente protetta.
La Corte dei diritti dell’uomo, con una sentenza su un caso in Romania, ha stabilito che i datori di lavoro possono sorvegliare, con le dovute cautele, le conversazioni via internet fatte dai loro impiegati durante le ore di lavoro, ma lo devono fare entro precisi limiti e rispettando determinati criteri come, ad esempio, la necessità di una notifica prima di poter cominciare i controlli. Solo così l’utilizzo improprio della posta può essere causa di licenziamento.
Il caso preso in analisi dalla Corte è quello di un ingegnere romeno, Bogdan Mihai Barbulescu licenziato, in seguito al controllo della mail da parte del datore di lavoro, per aver utilizzato la casella di posta elettronica per scopi personali, condotta vietata dal regolamento interno. Il lavoratore ha fatto ricorso per violazione del diritto al rispetto della corrispondenza, ex articolo 8 della Convenzione europea per la salvaguardia e i diritti dell’uomo (Cedu). Il ricorso viene respinto, dal momento che il dipendente era al corrente del divieto all’utilizzo privato della mail. La sua battaglia però continua in appello ma i giudici danno nuovamente ragione all’azienda. Barbulescu allora si rivolge alla Corte europea dei diritti dell’uomo, che nel 2016 dà ancora torto al lavoratore. La controversia prosegue fino alla Grande Sezione della stessa Corte, che ribalta il verdetto precedente dichiarando il licenziamento illegittimo. I giudici quindi condannano la Romania per non aver tutelato adeguatamente i diritti del dipendente. Le motivazioni alla base della sentenza riguardano la mancata informazione del controllo al dipendente, della sua natura e della ricorrenza dello stesso. Inoltre, il datore di lavoro avrebbe dovuto utilizzare modalità di controllo meno intrusive.
La Corte ha dunque ritenuto che “i singoli Stati devono garantire che qualora un datore di lavoro adotti della misure di sorveglianza, queste siano accompagnate da ‘misure adeguate e sufficienti’ per evitare degli abusi”.
In particolare, occorre che vengano rispettati i seguenti criteri: la notifica della possibilità di sorveglianza, insieme alle modalità e il grado di intrusione; l’esistenza di motivi legittimi per la sorveglianza; la possibilità del ricorso a strumenti meno invasivi dell’accesso diretto al contenuto dei messaggi; la specifica delle conseguenze per i dipendenti e dell’utilizzo da parte dell’azienda dei risultati della sorveglianza. Soprattutto, la sentenza precisa che tali salvaguardie devono garantire che “il datore di lavoro non può accedere al contenuto dei messaggi in questione a meno che il dipendente non sia stato avvertito in precedenza di tale eventualità”.