Qualcuno si aspettava l’annuncio della sua fine e invece oggi la Banca Centrale Europea ha confermato il Quantitative Easing, il piano straordinario di acquisto di titoli, che continuerà fino a fine dicembre e oltre, se necessario.
Non solo, la Bce ha deciso di lasciare invariati i tassi di interesse, che attualmente si trovano al loro minimo storico. Il tasso principale è allo 0%, quello sui depositi al meno 0,4%, mentre il tasso sui prestiti marginali è allo 0,25%. Anche questi ultimi potranno restare stazionari “per un prolungato periodo di tempo”.
Nessuna indicazione sul “tapering”, che sarebbe la manovra esattamente contraria al Qe, ovvero la riduzione degli acquisti di titoli, che oggi avviene al ritmo di 60 miliardi di euro al mese.
Il Consiglio direttivo della Bce si è detto infatti “pronto ad incrementare il programma in termini di entità e/o durata”, qualora le prospettive dovessero diventare meno favorevoli o le condizioni finanziarie risultassero incoerenti. Uno dei nodi principali da sciogliere è l’inflazione: per la Bce il Qe proseguirà “in ogni caso fino a quando il Consiglio non vedrà un deciso aggiustamento dell’inflazione coerente con il suo obiettivo” che è inferiore, ma vicino al 2% (attualmente è all’1,5%). Altro elemento di instabilità è la volatilità dei tassi di scambio.
È stato il presidente della Bce, Mario Drgahi, a spiegare ancora meglio in conferenza stampa che “la ripresa è solida ed è diffusa in vari settori in tutti i Paesi”, ma che allo stesso tempo “la recente volatilità nei tassi di scambio rappresenta una fonte di insicurezza che richiede dei meccanismi di monitoraggio per quanto riguarda le conseguenze potenziali riguardo la stabilità dei prezzi a medio termine”. Quanto all’inflazione, ha sottolineato che l’economia dell’Eurozona e quella mondiale non vanno verso un’era di bassa inflazione ma che occorrono ancora “fiducia, pazienza e perseveranza” nell’attesa che il tasso arrivi a convergere, eventualità data pressoché per certa, con il livello desiderato dalla Bce (prossimo, ma inferiore, al 2%).
Gli effetti del Qe si stanno manifestando, quindi, ma non ai livelli sperati, ecco perché al momento non ci sono stati annunci sull’inizio del tapering, che potrebbero arrivare nel mese di ottobre. Il condizionale tuttavia è d’obbligo perché la Bce si è detta “restia ad impegnarsi su una data certa circa un annuncio sul Qe”.
Al momento pertanto “è richiesta una politica monetaria accomodante per sostenere lo sviluppo dell’inflazione a medio termine”, nel quadro macroeconomico attuale, in cui persistono “rischi al ribasso per la crescita” e con l’inflazione ancora lontana dall’obiettivo. D’altronde, lo ha scritto anche il Wall Street Journal che se, da una parte, la crescita delle maggiori economie mondiali accelera, dall’altra l’inflazione si muove in direzione opposta. Un vero e proprio dilemma per le banche centrali. Basta fare alcuni esempi: negli Usa a fronte di una crescita del pil del 3% i prezzi sono saliti dell’1,7%; in Giappone la ripresa è accelerata al 5 ma l‘inflazione è praticamente a zero; in Europa, come sappiamo, i prezzi sono fermi all’1,5% anche se la ripresa prende slancio.
Draghi ha risposto anche un secco “no” all’ipotesi che la Bce stia prendendo tempo in attesa del voto tedesco.
Dopo l’intervento del presidente Bce, le Borse europee si sono mantenute in territorio positivo. Solo la Borsa di Milano è scivolata sotto la parità, cedendo lo 0,07% a 21.799 punti.