di Claudia Tarantino

Nei primi sette mesi di quest’anno sono aumentati gli incidenti e i morti sul lavoro, il cui numero ha raggiunto quota 591, 29 in più rispetto ai 562 decessi dell’analogo periodo del 2016 (+5,2%).

Fino a luglio, inoltre, “le denunce d’infortunio sono state 380.236, 4.750 in più rispetto allo stesso periodo del 2016 (+1,3%), per effetto di un aumento infortunistico dell’1,2% registrato per i lavoratori (2.832 casi in più) e dell’1,4% per le lavoratrici (oltre 1.900 in più)”.

E’ quanto segnala l’Inail pubblicando i dati provvisori del 2017.

Dai dati forniti dall’Istituto emerge chiaramente che, oltre agli incidenti, anche per quanto riguarda i decessi la percentuale che interessa le donne è significativa. “A morire sul lavoro sono soprattutto gli uomini – nota l’Inail – i cui casi mortali sono saliti da 506 a 531 (+4,9%)”. Ma, c’è una crescita del 7,1% per le donne, passate da 56 a 60 casi in pochi mesi.

Si tratta di cifre inaccettabili in un Paese in cui la sicurezza negli ambienti di lavoro non è un concetto nuovo e dove è garantita dalla legge e regolamentata dal D.L. 81/2008, che prevede una serie di adempimenti da parte dei datori di lavoro proprio al fine di limitare al minimo le cause di pericolo e le possibilità di infortunio.

A livello territoriale, le denunce d’infortunio sono aumentate al Nord (oltre 5.800 casi in più) e, in misura più contenuta, al Centro (+245), mentre hanno fatto registrare una diminuzione al Sud (-985) e nelle Isole (-337). Risultato abbastanza scontato vista la disoccupazione dilagante nel Mezzogiorno molto più che nel resto del Paese. Il ragionamento, infatti, è semplice: meno si lavora e meno si è esposti al rischio che possa capitare un incidente.

Dal rapporto Inail emerge anche che i settori maggiormente interessati dagli incidenti sono “la gestione Industria e servizi (+2,1%) e la gestione Conto Stato dipendenti (+3,6%), mentre Agricoltura e Conto Stato studenti delle scuole pubbliche statali hanno fatto segnare un calo pari, rispettivamente, al 5,0% e all’1,9%”.

Secondo la Coldiretti, la controtendenza registrata dall’Agricoltura, con un calo del 5% dei casi mortali, è dovuto principalmente al “prezioso lavoro di ammodernamento delle imprese agricole fatto in questi anni per rendere il lavoro in agricoltura tecnologicamente più avanzato, ma anche più sicuro”. Un risultato, quindi, che concilia “gli interessi delle imprese, degli occupati e dei consumatori”.

E’ vero anche, però, che molto spesso gli infortuni non derivano solo da inosservanze della legge o dal grado di rischio di una specifica attività, ma anche dalla scarsa informazione dei dipendenti in merito agli strumenti e alle tecniche di prevenzione.

Ecco perché la formazione è fondamentale per migliorare le condizioni di sicurezza in un’azienda, in quanto rende consapevoli i lavoratori dei fattori di rischio così come delle misure di prevenzione e delle tecniche per tutelare se stessi e gli altri in caso di pericolo.

Tutto ciò vale anche per le malattie professionali che, a differenza degli infortuni, non avvengono per causa violenta, ma secondo un’azione graduale nel tempo. Vengono infatti contratte nell’esercizio e a causa della lavorazione alla quale è adibito il lavoratore.

Le denunce di malattia professionale pervenute all’Inail nei primi sette mesi del 2017 sono state 36.224, 1.336 in meno rispetto allo stesso periodo 2016 (-3,6%). Le malattie del sistema osteo-muscolare e del tessuto connettivo, con quelle del sistema nervoso e dell’orecchio, continuano a rappresentare le tecnopatie più denunciate (75,8% del complesso dei casi).

“Dopo anni di continua crescita – osserva l’Inail – il calo delle tecnopatie denunciate conferma per quest’anno l’andamento già rilevato nei mesi scorsi”.