di Annarita D’Agostino

Entro settembre le imprese sono pronte ad assumere 117.560 lavoratori con titoli di studio legati all’innovazione: è la previsione di Confartigianato sulla rivoluzione digitale di Industria 4.0. Ma, senza la riorganizzazione del sistema scolastico ed universitario, i nuovi posti di lavoro rischiano di restare vuoti per la mancanza di professionalità adeguate alle esigenze della rivoluzione digitale.
Gli imprenditori cercano 32.570 diplomati in meccanica, meccatronica ed energia e 13.350 diplomati in elettronica ed elettrotecnica; previste 34.940 assunzioni per la qualifica o il diploma professionale a 4 anni in meccanica, 9.840 di ingegneri elettronici e 8.550 di ingegneri industriali. Tuttavia, la ricerca di personale rischia di andare a vuoto a causa del gap fra le competenze fornite dal sistema educativo nazionale e le necessità del mercato del lavoro. Inoltre, è ormai assodato il fatto che senza interventi strutturali di riqualificazione dei lavoratori, Industria 4.0 cancellerà ulteriori posti di lavoro rispetto a quelli già destinati a scomparire con l’innovazione, dal manovale al contabile, accentuando, invece di alleviare, la crisi occupazionale del nostro Paese.
In una recente indagine, su un campione di 221 categorie professionali al di sopra dei 20mila occupati, l’Istat ha identificato 27 professioni ‘vincenti’ che, grazie alla rivoluzione digitale, avranno variazioni positive dell’occupazione superiore alle 20mila unità, per un aumento complessivo di 1,6 milioni di occupati. Ci sono però ben 24 professioni ‘perdenti’ che subiranno una variazione negativa del numero di occupati superiore alle 20mila unità, per una diminuzione complessiva di più di 1 milione di occupati.
Saranno vincenti gli addetti all’assistenza delle persone, il personale addetto all’imballaggio e al magazzino, i commessi alle vendite al minuto, diverse professioni legate alla ristorazione e professioni più specializzate, come gli addetti agli affari generali, i tecnici della produzione manifatturiera, gli analisti e i progettisti di software, gli specialisti nei rapporti con il mercato e nel marketing, alcune professioni sanitarie riabilitative (podologi, fisioterapisti, ecc.) e quelle qualificate nei servizi sanitari e sociali. Perdenti invece muratori in pietra, manovali, personale non qualificato dell’edilizia civile e professioni assimilate, ruoli associati prevalentemente a mansioni di ufficio come i contabili, gli addetti alla funzione di segreteria, il personale addetto a compiti di controllo e verifica, gli addetti all’immissione di dati.
Confartigianato conferma che tra le professioni più richieste, ma più difficili da reperire, ci sono quelle altamente specializzate, come gli addetti all’installazione di macchine utensili (manca il 64% delle assunzioni previste) e gli addetti alla gestione di macchinari a controllo numerico (irreperibile il 58% del personale necessario alle imprese). Manca anche il 43% degli operai impiegati nelle attività metalmeccaniche ed elettromeccaniche e il 39% dei tecnici in campo informatico, ingegneristico e della produzione.
Per l’associazione datoriale è l’apprendistato la chiave per superare il gap di competenze: non a caso, nelle micro e piccole imprese “le assunzioni con questo contratto arrivano all’11,5%, una quota doppia rispetto al 5,5% delle medie-grandi imprese” e tra maggio 2016 e maggio 2017 questa tipologia contrattuale è cresciuta del 27,2% con 258.631 apprendisti assunti. Quel che è certo, come anche l’Ugl ha sottolineato più volte, è che senza misure di formazione e riqualificazione mirate a governare l’innovazione, la rivoluzione digitale sarà caos e non progresso.