di Claudia Tarantino

Ad un anno dal terremoto che ha distrutto un’ampia area del centro Italia e dopo una settimana di discussioni e polemiche circa l’abusivismo che avrebbe contribuito ai crolli causati dal sisma di Ischia dello scorso 21 agosto, arriva la denuncia di Unimpresa: nel nostro Paese c’è quasi mezzo milione di immobili in dissesto, parzialmente o totalmente inutilizzabili.

“Si tratta di 452.410 costruzioni classificate, secondo i parametri catastali, come degradati o, più dettagliatamente, collabenti. Il rapporto rispetto agli edifici sani, che in totale sono 62.861.919, è pari allo 0,72%”.

Già il fatto che l’Italia sia uno dei Paesi a maggiore rischio sismico del Mediterraneo per la sua particolare posizione geografica desta forti preoccupazioni, soprattutto alla luce dei drammi che puntualmente si verificano ad ogni movimento del suolo, anche se di ‘modesta’ entità.

Poi c’è la questione dell’abusivismo edilizio e dell’uso di cemento impoverito che mette maggiormente a rischio la vita di chi vive in abitazioni costruite senza rispettare non solo i criteri antisismici, ma anche le più basilari norme di sicurezza.

Ora, si aggiungono i dati sugli immobili in dissesto che evidenziano come le nostre città siano letteralmente piene di edifici pericolanti, diroccati, lesionati, fatiscenti, che suscitano quindi ulteriori preoccupazioni per la nostra sicurezza.

Secondo l’analisi di Unimpresa, basata su dati della Corte dei Conti e dell’Agenzia delle Entrate aggiornati al 2015, “sono 10 le province più a rischio, la maggior parte situate nel Sud del Paese, ma spiccano alcune realtà del Nord Ovest (in Piemonte e Val d’Aosta): Frosinone, Cosenza, Cuneo, Benevento, Foggia, Aosta, Siracusa, Piacenza, Verbanio Cusio Ossola, Vibo Valentia”.

Ciò non significa che nelle altre province si possano dormire sonni tranquilli, perché – sempre secondo lo studio dell’associazione – “in tutto il resto del Paese si contano 345.848 costruzioni degradate e 58.393.439 edifici ‘sani’, con un rapporto dello 0,58%”.

Tuttavia, a voler guardare il bicchiere mezzo pieno, al di là delle preoccupazioni sul versante della sicurezza, – come sottolinea il presidente di Unimpresa, Giovanna Ferrara, gli immobili catastalmente rovinati rappresentano anche “una possibile fonte di sviluppo dell’economia, per il settore dell’edilizia e per tutto l’indotto, dall’arredamento agli accessori”.

Per Ferrara “bisogna insistere anche per quanto riguarda la valorizzazione di alcuni beni sul fronte artistico e culturale, con tutto quello che se ne può trarre anche per il turismo”.

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