di Annarita D’Agostino

Il giorno non è ancora deciso, ma è certo che la prossima settimana inizierà il terzo round fra Gran Bretagna e UE per preparare l’uscita del Regno di Sua Maestà dall’Europa. I negoziati, scrive l’agenzia Ansa, si preparano “fra nuove schermaglie, al punto che non è ancora stato deciso se questi cominceranno lunedì – giorno festivo per i britannici – o martedì”. Eppure, gli argomenti all’ordine del giorno richiedono equilibrio e lucidità da ambedue le parti: diritti dei cittadini, ‘conto’ da pagare e questione irlandese, sui quali, secondo fonti UE “non sono stati fatti progressi sostanziali non per mancanza di tempo ma di sostanza”.
In primo piano è certamente il tema del futuro dei cittadini: dopo il voto sulla Brexit, il numero di cittadini comunitari residenti in Gran Bretagna che ha deciso di lasciare il paese è salito a 122.000 unità nei 12 mesi sino a inizio aprile, con un incremento di 33.000 persone rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Panico è stato creato dalle lettere, partite “per errore” dal ministero degli Interni britannico, che invitavano 100 cittadini UE residenti in Gran Bretagna a lasciare il Paese: “Mi sono sentito perduto, ho avuto un attacco di panico”, ha confessato alla Bbc Leonardo Fasano, un medico italiano residente in Gran Bretagna, capitato fra i 100 ‘sfortunati’. L’Home Office ha aperto un’inchiesta sul caso e ha contattato il medico per scusarsi, ma Fasano si è rivolto ad un avvocato: “Ho persino dovuto chiedere ai miei di pagarmi le spese legali, sto mettendo da parte i soldi per un Master e non potevo permettermele” ha spiegato, dichiarando che non sarà tranquillo fino a quando non riceverà una lettera ufficiale di scuse. Come dargli torto.
Bruxelles intanto spera di “fare progressi” quantomeno sulle questioni economiche, ma non si fa illusioni: “se guardiamo a dove siamo e a dove vogliamo arrivare – dicono funzionari UE -, il gap è grande”, e alla luce di ciò non c’è “alcuna scadenza fissata ad ottobre” perché “è improbabile” che nel round negoziale della settimana prossima “faremo grandi progressi nel chiudere quel gap”. Ma la speranza è l’ultima a morire: “C’è ancora la possibilità di concludere i negoziati entro il marzo 2019”, ma “estendere la durata” delle trattative oltre i due anni previsti dai trattati “non è una cosa che prevediamo”.
Non meno preoccupante è la questione dell’Irlanda divisa, per il legame che Londra ha instaurato, in un documento ufficiale, fra il processo di pace e la futura relazione con l’Ue. Ma “il processo di pace – dicono le fonti comunitarie – non dovrebbe diventare una merce di scambio al tavolo dei negoziati”. Per l’UE è ancora presto per affrontare la questione di come preservare la Common Travel Area tra Irlanda e Irlanda del Nord, che consente l’assenza di un confine fisico tra i due paesi, ma certamente “c’è un elevato grado di fantasia (magical thinking, ndr.) su come il confine invisibile potrà funzionare in futuro”.