di Claudia Tarantino

Che nel nostro Paese il rischio sismico sia elevato è ormai noto da tempo.
Così come è risaputo, e avvalorato da diversi studi e ricerche, che circa 21,5 milioni di italiani risiedono in zone ad elevato rischio sismico, con ben 12 milioni di abitazioni realizzate senza l’utilizzo di tecniche costruttive antisismiche.

Eppure, quando si verifica un terremoto, anche di ‘modesta’ entità come quello del 21 agosto ad Ischia, quasi ci si meraviglia dei danni provocati, purtroppo non solo in termini di edifici crollati o lesionati, ma soprattutto per l’inaccettabile perdita di vite umane.

E mentre incalza la polemica sugli abusi edilizi e sui materiali scadenti che sarebbero stati utilizzati nelle costruzioni, che nel caso specifico di Ischia vede da un lato la Protezione Civile e il Consiglio Nazionale dei Geologi puntare il dito e dall’altro i sindaci dei comuni interessati negare ogni nesso, le misure per la prevenzione che sarebbero – con il beneplacito di tutti – l’unica strada per non ritrovarsi periodicamente con il fiato sospeso per le sorti di chi rimane intrappolato nelle macerie, a fare la conta dei danni e a sborsare miliardi per la ricostruzione, restano lettera morta e non trovano spazio nell’agenda di Governo.

Si sa che nel nostro Paese la cultura della prevenzione passa innanzitutto dal sostegno pubblico all’iniziativa privata. Per la messa in sicurezza del patrimonio immobiliare italiano le stime sui costi spaziano da 6 a 850 miliardi di euro in funzione dell’ampiezza degli interventi.
Cifre enormi, ma comunque inferiori ai costi provocati dai terremoti, senza contare ovviamente il prezzo inaccettabile ed incommensurabile di vite umane.

La Protezione Civile ha calcolato in quasi 150 miliardi di euro i danni diretti degli eventi sismici negli ultimi 40 anni. L’Ordine degli Ingegneri ha stimato oneri per 121 miliardi tra il 1968 e il 2014 con una media di 2,6 miliardi l’anno. Uno studio dell’Ance (associazione dei costruttori) indica i 3,5 miliardi l’anno i costi per la mancata prevenzione.

E’ di fondamentale importanza, però, anche la sensibilizzazione dei cittadini a verificare la qualità della propria casa. Perché, non dimentichiamo che in Italia si è costruito sugli argini dei fiumi, a ridosso delle scogliere, alle pendici dei vulcani, anche là dove leggi e buon senso non lo avrebbero permesso e, in molti casi, lo si è fatto di fretta, utilizzando materiali e tecniche di scarsa qualità e senza prevedere alcun accorgimento antisismico, perché l’atteggiamento predominante è quello di costruire e attendere un condono che presto o tardi arriverà.

Per dare un’idea della portata del fenomeno sull’isola di Ischia, il quotidiano Repubblica sottolinea che “sono state presentate 7.235 domande di condono in 30 anni, 4.408 delle quali risultavano ancora da evadere ad aprile dello scorso anno. Numeri che raccontano di un patto sottotraccia, una contiguità malata tra interesse pubblico e privato”.

Anche il ministro dei Trasporti e delle Infrastrutture, Graziano Delrio, ha ammesso che “bisogna essere in grado di mettere in sicurezza sismica il nostro Paese perché spendiamo più di 3 miliardi all’anno per riparare i danni del terremoto, quindi vale la pena investire in prevenzione”.

Ma poi ci sono casi, come quello della Campania, dove le demolizioni, prospettate dallo stesso Delrio come unico deterrente alla speculazione edilizia, vengono bloccate da una legge anche nelle zone vincolate.

Da qui, dunque, la necessità di interventi più seri perché, nonostante lo Stato abbia messo a disposizione con il cosiddetto ‘Sismabonus’ incentivi fiscali per le spese sostenute dai privati per la messa in sicurezza delle proprie abitazioni, ci sono ‘cattive abitudini’ che nemmeno la promessa di un rimborso può estirpare.