di Claudia Tarantino

Intervenendo al Meeting di Cl a Rimini, il premier Gentiloni ammette finalmente che, a differenza di quanto sbandierato dal Governo, i giovani non sono stati finora al centro dell’attenzione dell’Esecutivo o, quantomeno, che le misure messe in atto fino ad oggi in loro favore non hanno portato i risultati sperati.

Il Presidente del Consiglio, infatti, ha dichiarato che bisognerà attendere la prossima Legge di Bilancio per vedere “alcune limitate misure per accompagnare la crescita, con interventi molto selettivi incentrati soprattutto sull’accesso dei giovani al mondo del lavoro con incentivi permanenti e stabili”.

Al di là dei proclami, però, il nodo da sciogliere resta, come sempre, quello delle coperture finanziarie, che si prevede già non saranno elevatissime. Anzi, proprio nel definire ‘limitate’ le misure da mettere in campo, lo stesso Premier mette le mani avanti e lascia intendere che la legge di Bilancio non conterrà – purtroppo – niente di tanto rivoluzionario, in netto contrasto con la sua stessa dichiarazione di “misure choc per l’ingresso nel mercato del lavoro dei giovani”.

Naturalmente, la soluzione tecnica non è ancora stata decisa, quindi, sul tavolo ci sono diverse ipotesi aperte, soprattutto riguardo al taglio del cuneo fiscale, che dovrebbe rendere più conveniente per le imprese l’assunzione dei giovani, e la riduzione dei contributi versati dai neo assunti, che dovrebbe alzare un po’ gli stipendi.

Tra le ipotesi in campo c’è il taglio del 50% per due o tre anni dei contributi per i neo assunti che abbiano meno di 32 anni. “Il dimezzamento dei contributi – spiega il vice ministro dell’Economia, Enrico Morando, – dovrebbe riguardare sia le imprese che i lavoratori”. Ciò significa che la quota versata all’Inps dalle imprese scenderebbe da circa il 24% al 12%, mentre quella dei lavoratori da poco più del 9% al 4,5% circa. Le somme mancanti verrebbero poi versate dallo Stato all’Istituto di previdenza. Da qui, però, la necessità di trovare risorse per coprire l’intera operazione che avrebbe un costo stimato tra i 900 milioni e i due miliardi di euro all’anno.

Un’altra ipotesi è quella di proseguire con gli sgravi riducendo strutturalmente i contributi di quattro punti, due a favore delle aziende e due dei lavoratori. Ovviamente, anche questa misura avrebbe un costo rilevante e, soprattutto, crescente nel tempo, visto che il taglio dei contributi diverrebbe nel medio-lungo periodo strutturale per tutti i lavoratori.

Come affermato dal sottosegretario al Lavoro, Luigi Bobba, “certamente la scelta sarà legata a quanto sarà il costo di queste misure” ma “dobbiamo usare tutte le cartucce a nostra disposizione per evitare un effetto che dura in modo limitato nel tempo”. Come avvenuto nel 2015 quando, per lanciare il Jobs Act, il governo aveva optato per uno sgravio totale, ma limitato nel tempo.

Tra gli strumenti che ha citato il sottosegretario ci sono anche il servizio civile, il potenziamento dei centri per l’impiego, l’utilizzo dei contratti di apprendistato formativo che devono essere rimessi tra gli “strumenti ordinari per i giovani”. Inoltre, in autunno “partirà la seconda parte del programma Garanzia Giovani ora rifinanziato dall’Europa e dal Governo italiano”.

Bisognerà vedere se questi propositi porteranno a risultati concreti o se – come è prevedibile – si tratta dei soliti interventi pre-elettorali che servono solo a fornire dati da sbandierare prima dell’apertura delle urne.