di Claudia Tarantino

Secondo lo studio ‘Incendi boschivi in Europa, Medio Oriente e Africa del nord’ del Joint research center europeo, “circa l’85% del totale delle aree che finiscono in fumo in Europa si trova in cinque Paesi della fascia del Mediterraneo: Francia, Grecia, Italia, Portogallo e Spagna” e, se si considerano tutti gli ettari boschivi andati in fumo tra il 1980 ed il 2015 nei cinque Stati, “si arriva a un totale di oltre 16 milioni di ettari nei 35 anni”.

E nella classifica dei Paesi più colpiti dagli incendi, il nostro è al secondo posto, con 3,852 milioni di ettari bruciati, subito dopo la Spagna che guida la classifica con 5,925 milioni, e prima di Portogallo (3,812 milioni), Grecia (1,635 milioni) e Francia (896.216).

A ben vedere la mappa del Centro di coordinamento per la risposta all’emergenza della Commissione europea, però, “con 371 roghi, l’Italia, nell’estate 2017, è il primo Paese in Europa per numero di incendi boschivi, e con 72.039 ettari andati in fumo è seconda solo al Portogallo (115.323 ettari) per estensione bruciata”.

Per fortuna, vista la gravità e l’estensione degli incendi che stanno interessando il nostro Paese in questa lunga e torrida estate, il meccanismo di Protezione Civile Europeo sembra funzionare e così la Protezione Civile Italiana, comunque riconosciuta all’avanguardia in questo settore, ha potuto ricorrere per la seconda volta in poco tempo alla ‘solidarietà europea’, chiedendo cioè ad altri Stati membri un supporto per fronteggiare i 18 incendi ancora attivi in Italia ed intervenire nelle zone più a rischio, che sono in Lazio, in Sicilia e in Calabria.

Per farsi un’idea della ‘dimensione’ di questo disastro che si sta portando via il nostro patrimonio boschivo, oltre agli irrimediabili danni provocati negli ecosistemi naturali delle zone tra le più belle della nostra Penisola, basta confrontare i dati con la Spagna, dove gli incendi sono stati ‘solo’ 43 e hanno incenerito 19.666 ettari, o con la Francia: 22 incendi per 9.585 ettari bruciati.

A supporto dell’Italia, oltre al Sistema informativo di allerta sugli incendi nelle foreste europee (Effis) che evidenzia i focolai più estesi e pericolosi, è al lavoro anche il sistema europeo di mappatura satellitare Copernicus, per valutare la gravità dei danni.

Purtroppo, come evidenziato anche da Coldiretti, il mese di luglio è stato “bollente, con temperature massime che sono risultate superiori di 1,2 gradi la media di riferimento” e con “precipitazioni in calo del 42%”. Questo ha creato “un mix esplosivo che aggrava la siccità nei campi e alimenta gli incendi, anche provocati dai piromani”.

Stando a un altro studio del Joint research center europeo, “la situazione andrà peggiorando”. Entro fine secolo, infatti, “la salute di 2 europei su tre (pari a 351 milioni di persone) sarà messa a rischio da disastri climatici (in primis le ondate di calore) e il numero di decessi dovuti al clima aumenterà di 50 volte passando da 3000 morti l’anno nel periodo tra il 1981 e il 2010 a 152.000 morti l’anno attesi per il periodo 2071-2100”. Anche in questo caso, come per la diffusione degli incendi, “i più colpiti saranno gli abitanti dei Paesi dell’Europa Meridionale”.

Sfortunatamente, questa previsione sembra piuttosto realistica. Basti considerare, infatti, che gli ingenti danni provocati da siccità, nubifragi e incendi alle coltivazioni e agli allevamenti sta già mettendo in crisi numerose colture su cui si fonda l’economia del nostro Paese, come cereali, ortaggi e legumi, e che rispondono al nostro fabbisogno alimentare.

Visto che siccità e piromani non sono gli unici responsabili di questa grave situazione, sarebbe quindi il caso che il Governo non si limitasse a riconoscere lo stato di calamità naturale, come ha appena fatto anche per la crisi idrica della Capitale, ma disponesse degli investimenti seri per la prevenzione e, soprattutto, per contrastare gli sprechi che sono all’origine di tanti problemi.