di Claudia Tarantino

Cento classi di licei ed istituti tecnici sperimenteranno, a partire dall’anno scolastico 2018/2019, il diploma in 4 anni anziché nei consueti 5.

Lo prevede il decreto firmato dalla ministra dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, Valeria Fedeli, che dà il via ad un Piano nazionale di sperimentazione finalizzato ad ‘accorciare’ la durata degli studi e permettere così agli studenti italiani di uscire da scuola a 18 anni, come accade già da tempo in altri paesi europei, come Francia, Spagna e Regno Unito.

Entro la fine di agosto, sul sito del Miur verrà pubblicato il bando nazionale che stabilirà i criteri per la presentazione dei progetti e le scuole che vorranno partecipare, sia statali che paritarie, potranno fare domanda dall’1 al 30 settembre 2017.

I requisiti previsti dal bando saranno a dir poco ‘articolati’: lo stesso decreto, infatti, stabilisce che “le proposte dovranno distinguersi per un elevato livello di innovazione, in particolare per quanto riguarda l’articolazione e la rimodulazione dei piani di studio, per l’utilizzo delle tecnologie e delle attività laboratoriali nella didattica, per l’uso della metodologia Clil (lo studio di una disciplina in una lingua straniera), per i processi di continuità e orientamento con la scuola secondaria di primo grado, il mondo del lavoro, gli ordini professionali, l’università e i percorsi terziari non accademici”.

Insomma, questo dovrebbe bastare, nelle intenzioni del Ministero, a far astenere chi pensa di pubblicizzare la propria scuola con l’illusione di frequentare le lezioni un anno in meno rispetto ad altre o, “peggio ancora – come ha sottolineato il Sottosegretario al Miur, Gabriele Toccafondi, – di promuovere un percorso dove si studia meno”.

Non è previsto, infatti, alcuno sconto per gli studenti, anzi, il nuovo corso di studi quadriennale “dovrà garantire – attraverso la flessibilità didattica e organizzativa – l’insegnamento di tutte le discipline previste dall’indirizzo di riferimento, in modo da assicurare ai ragazzi il raggiungimento degli obiettivi di apprendimento e delle competenze previste per il quinto anno di corso, ma entro quattro anni”.

Evidentemente, sarà necessario rimodulare il calendario scolastico, perché le attuali novecento ore annue che vengono trascorse dagli studenti tra i banchi di scuola in un corso quinquennale, potrebbero passare ad oltre mille all’anno per i corsi che prevedono un anno in meno.

Mentre l’esame di Stato rimane lo stesso per tutti gli studenti, così come il diploma finale che viene conseguito al superamento delle prove scritte ed orali.

Finora 12 scuole hanno già sperimentato percorsi quadriennali sulla base di progetti di istituto autorizzati di volta in volta dal Ministero. Ma, è ovvio, si tratta di un numero troppo esiguo per valutare l’efficacia della sperimentazione.

Le cento classi che partiranno il prossimo anno scolastico con il Piano di innovazione, invece, verranno costantemente valutate da un Comitato scientifico nazionale che sarà nominato dal ministro dell’Istruzione e che dovrà “individuare le misure di accompagnamento e formazione a sostegno delle scuole coinvolte nella sperimentazione”.

A livello regionale, invece, “saranno istituiti i Comitati scientifici regionali che dovranno valutare gli esiti della sperimentazione, di anno in anno, da inviare al Comitato scientifico nazionale”.

In una scuola già profondamente ‘stremata’ dal susseguirsi di pseudo-riforme e da tagli indiscriminati, resta ora da vedere se questa misura contribuirà ad arginare il fenomeno dell’abbandono scolastico e, soprattutto, se sarà in grado di rafforzare quell’alternanza scuola-lavoro, che rappresenta il punto i forza nei sistemi scolastici degli altri Paesi Ue e che l’Italia, invece, non ha ancora colto appieno.