di Caterina Mangia

“In Italia si consolida la crescita economica con segnali positivi diffusi a livello settoriale e sul mercato del lavoro. Migliora la fiducia dei consumatori e, in parte, quella delle imprese. L’indicatore anticipatore mantiene un orientamento positivo”.
A sentire l’Istat, che utilizza queste parole nella nota mensile sull’andamento dell’economia italiana, sembra che nel Paese la situazione sia ‘rose e fiori’.
A un primo sguardo pare che la situazione occupazionale stia seguendo un trend positivo: “l’andamento favorevole sul mercato del lavoro è atteso proseguire nel breve periodo. A luglio le attese sull’occupazione per i prossimi mesi mantengono un orientamento positivo più accentuato nell’ultimo mese per le imprese manifatturiere e per quelle delle costruzioni”.
Il fatto è che a crescere in modo netto è sempre l’occupazione precaria: nel secondo trimestre, per l’Istat i dipendenti a termine sono aumentati del 4,3 per cento, con 109mila unità in più, mentre è decisamente inferiore l’incremento dei permanenti, che registra uno ‘zero virgola’ (si sale dello 0,3 per cento con più 42mila). In rilevante calo i lavoratori indipendenti, che scendono di 87mila unità, registrando meno 1,6 per cento, a testimonianza del fatto che lo Stato non sostiene in maniera adeguata l’imprenditorialità e l’iniziativa privata.
Insomma, si conferma un dato già assodato: l’occupazione stabile non tiene il passo di quella precaria . Sempre che si possa parlare di occupazione stabile da quando è in vigore il Jobs Act.
Inoltre, per l’Istat sul fronte dei salari “la dinamica retributiva rimane improntata alla moderazione”: in un’Italia in cui la percezione diffusa è quella di famiglie che faticano ad arrivare a fine mese, la frase sembra un eufemismo.
Insomma, le ‘rose’ e i ‘fiori’ del Belpaese hanno ancora troppe spine.