di Barbara Faccenda

Un uomo o una donna indossano un giubbotto esplosivo e lo detonano in mezzo ad una piazza, in un mercato, all’ingresso di un’ambasciata. Individui che girano con coltelli per ferire innocenti civili; chi armato di motosega cerca di colpire più persone possibili. Altri che guidano camion o autovetture contro altrepersone. La domanda che ci si pone di fronte a questo tipo di comportamenti è: “come può un individuo sano commettere questo genere di atti (terroristici)?”. Sono comportamenti difficili da comprendere, specialmente se sono atti suicida, condotte che evocano indignazione morale, rendendo difficoltosa la formazione di un giudizio oggettivo.
Comprendere comportamenti così efferati non significa che non si condannino. Capire se un terrorista è affetto o meno da una psicopatologia ha delle chiari implicazioni di contro-terrorismo: potrebbe essere necessaria più collaborazione con gli attori dell’assistenza sanitaria in ambito psichiatrico. Al contrario le misure di contro-terrorismo dovrebbero essere indirizzate in altri ambiti.
Lo psicopatico è una persona il cui comportamento è caratterizzato da contenuti specifici e costanti i quali, a livello generale, rappresentano il rifiuto di conformarsi a norme sociali comunemente accettate. Non tutti gli psicopatici mettono in atto comportamenti violenti, ma la violenza è spesso la valvola di sfogo di tendenze aggressive e impulsive associate alla psicopatia. In modo analogo al terrorista, un individuo psicopatico presenta assenza di rimorsi o di senso di colpa per gli atti compiuti e una visione del mondo egoistica incompatibile con la capacità di provare una sincera preoccupazione per il benessere altrui. È facile presumere che la psicopatia sia associata al terrorismo e suggerire la presenza di un disturbo patologico nelle persone che mettono in atto volontariamente un comportamento terrorizzante. Secondo Cooper (The terrorist and the victim,Victimology, 1976), per sopportare le conseguenze delle proprie azioni i terroristi devono avere una coscienza isolata o un certo distacco dalla realtà.
L’appartenenza a un’organizzazione terroristica con membri fortemente motivati comporta stabilire relazioni strette e durature, fondamentali per rinforzare l’impegno nei confronti del gruppo e dei suoi ideali. L’egocentrismo patologico, comune nelle psicopatie, è in contrasto con le caratteristiche ricercate dai leader e dai reclutatori di organizzazioni estremiste: elevata motivazione, impegno, disciplina, capacità di rimanere affidabili e concentrati sull’obiettivo anche di fronte allo stress, ad una possibile cattura e alla reclusione.
Consideriamo un punto importante che può far luce su alcune dinamiche terroristiche: le vittime del terrorista spesso sono accidentali, scelte su una base puramente simbolica (cittadini “occidentali”, passeggeri di un velivolo, spettatori di una maratona, turisti ecc.). Se si considera il modo in cui un assassino sceglie le proprie vittime, la natura delle vittime del terrorismo è in netto contrasto con quella delle vittime di un assassino psicopatico. Le ragioni di quest’ultimo sono profondamente personalizzate, sostenute da fantasie elaborate. Malgrado l’attrattiva esercitata da questo tema, i movimenti terroristici non dovrebbero essere considerati né come organizzazioni di soggetti necessariamente psicopatici a causa della brutalità delle azioni perpetrate né come gruppi che reclutano persone con tendenze psicopatiche.
Tutto ciò non vuol dire che non ci siano terroristi che sono clinicamente psicotici, ma che c’è una mancanza di evidenze empirico-scientifiche che avvalorino la tesi secondo cuii terroristi, da qualunque contesto provengano, possano o debbano essere considerati psicopatici.
Il terrorismo è un comportamento razionale che rende i terroristi degli attori razionali che uccidono per raggiungere certi obiettivi politici.