di Annarita D’Agostino

Taglio del cuneo fiscale, sgravi per l’assunzione dei giovani e riscatto gratuito della laurea a fini pensionistici: sono queste le misure sulle quali il governo punterebbe per la prossima legge di Bilancio. I tecnici di Palazzo Chigi sono al lavoro per arrivare a definire nei tempi previsti sia la nota di aggiornamento al Documento di economia e finanza (20 settembre) che la legge di Bilancio (15 ottobre), ma il nodo delle risorse è ancora da sciogliere.

L’Italia resta terzultima in Ue per l’occupazione giovanile
Dietro i facili ed erronei entusiasmi per i dati Istat, l’esecutivo nasconde la consapevolezza che il mercato del lavoro italiano è ingessato da tasse, scarse opportunità e mancanza di investimenti, che impongono ai lavoratori di scegliere contratti instabili ed accontentarsi di salari bassi. La riduzione del tasso di disoccupazione segnalata dall’Istat, infatti, è vincolata alla crescita dell’occupazione a termine e, anche se la riduzione del tasso di quella giovanile è stata la più elevata fra i Paesi dell’Ue, secondo stime Eurostat l’Italia resta terzultima in Europa per l’occupazione dei giovani. Fanno peggio solo Grecia e Spagna.

Torna il ritornello del taglio del cuneo fiscale
La riduzione del cuneo fiscale è ormai un ritornello delle politiche economiche degli ultimi governi, senza peraltro che ci sia mai stato un vero intervento che desse respiro a imprese e lavoratori, anche se gli organismi internazionali, come Bce e Fmi, continuano a sostenere la necessità di adottare politiche fiscali favorevoli a crescita e consumi.
Il governo Gentiloni vorrebbe dunque ridurre i contributi previdenziali, che attualmente pesano sulle busta paga per il 33%, del quale il 24% a carico dell’azienda e il 9% a carico del lavoratore. Il costo del provvedimento sarebbe coperto da un intervento finanziario del valore che oscilla da 1,5 a 2,5 miliardi all’anno. L’esecutivo punterebbe soprattutto a rimuovere gli ostacoli all’occupazione dei giovani sotto i 30 o 35 anni, con sgravi fiscali fino al 50%. La misura sarebbe sperimentata per tre anni, con l’intenzione di renderla strutturale con l’ipotesi di un taglio di 3 punti del cuneo, dal 33% al 30%, nel periodo successivo. La condizione per ottenere gli sgravi sarebbe la stabilizzazione o l’assunzione a tempo indeterminato del lavoratore: peccato, però, che il Jobs Act, con il contratto a tutele crescenti, abbia stravolto il concetto, e il valore, della stabilizzazione e dell’assunzione a ‘tempo indeterminato’.

Il riscatto gratuito della laurea e il nodo delle risorse (da sciogliere)
Prende piede anche l’ipotesi di consentire il riscatto a titolo gratuito degli anni di studio universitari a fini pensionistici per i laureati, attualmente possibile ma a costi proibitivi per la stragrande maggioranza degli interessati (secondo una stima del Corriere della Sera, una donna di 40 anni con un reddito di 36mila euro lordi all’anno dovrebbe sborsare 65mila euro). La proposta del riscatto gratuito, lanciata dal Coordinamento Nazionale #RiscattaLaurea, è diventata oggetto di una vera e propria campagna di sensibilizzazione social.
Intervistato da la Repubblica, il sottosegretario all’Economia, Pier Paolo Baretta, ha dichiarato che il governo sta valutando anche questa misura: “Siccome studiare e laurearsi è prezioso anche per la nostra economia, è giusto che lo Stato investa sul futuro dei giovani e si assuma l’onere dei contributi figurativi degli anni di studio”. La misura sarebbe riservata ai cosiddetti ‘Millennials’, i nati tra il 1980 e il 2000, che andranno in pensione con un assegno calcolato interamente con il metodo contributivo. Ma, anche in questo caso, il campo diventa minato quando si affronta la questione dei costi: estendere la misura a chi è già laureato “è impossibile – dichiara Baretta -, la spesa per lo Stato sarebbe troppo alta. Si potrebbero invece graduare i costi per alleggerire il riscatto di chi si è laureato in passato”. Con il rischio, però, di creare laureati di serie A e laureati di serie B, abbandonando per l’ennesima volta a se stessa la generazione di 30-40enni che ha avuto la sola ‘colpa’ di entrare nel mondo del lavoro negli anni di picco della crisi internazionale.
Sempre per motivi economici sembra ancora più difficile l’introduzione di una pensione di garanzia per i giovani a sostegno degli assegni più esigui, perché interesserebbe tutti e non solo i laureati. Insomma, tante ipotesi ma nessuna certezza, e il timore è che questo sia l’ennesimo ‘sogno di una notte di mezza estate’ del governo prima di andare in vacanza.