di Claudia Tarantino

Tra le disastrose conseguenze della grave siccità che sta interessando il nostro Paese fin dall’inizio dell’estate c’è sicuramente la penuria dei raccolti. Molte colture, infatti, se non sono andate ‘in fumo’ a causa dei numerosi incendi che infiammano il Paese, sono messe a rischio dalla carenza di acqua, che ormai perdura da mesi.

E’ il caso, ad esempio, della Lenticchia di Castelluccio, un prodotto a indicazione geografica protetta (IGP) coltivata in maniera del tutto naturale a quota 1.400 metri in località Pian Grande a Castelluccio di Norcia che, proprio a causa del caldo e della siccità, ha visto una diminuzione della produzione di quasi il 30 per cento.

Potrebbe essere un caso tra tanti, ma questo della Lenticchia di Castelluccio è particolarmente significativo dal momento che viene coltivata nelle zone colpite dal terremoto. Anzi, proprio gli agricoltori che si dedicano alla sua lavorazione qualche mese fa avevano fatto di tutto pur di raggiungere i campi in tempo utile per la semina, nonostante le strade interrotte o, addirittura, crollate. E così, una piantagione salvata ‘per un soffio’ dalle difficoltà provocate dal terremoto, “ha dovuto fare i conti con le bizzarrie del clima”, come sostenuto dalla Coldiretti.

Naturalmente, difendere la Lenticchia di Castelluccio è importante perché, come spiega la stessa Coldiretti, “alimenta un importante indotto economico e occupazionale e svolge un effetto traino per il turismo e per l’intero settore agroalimentare del territorio”. Tra l’altro, proprio per aiutare la commercializzazione del prodotto, molti agricoltori di Campagna Amica ospitano nei banchi al mercato i loro ‘colleghi’ terremotati rimasti senza possibilità di vendita, garantendo al contempo l’originalità dell’offerta.

Purtroppo, però, questo della Lenticchia di Castelluccio non è un caso isolato. L’agricoltura in generale sta risentendo in misura importante dell’aumento delle temperature. Gran parte della produzione agricola italiana è, infatti, a rischio siccità, e non si tratta solo di prodotti particolari o ‘di nicchia’, ma anche della maggior parte delle produzioni di largo consumo, come i cereali e il comparto dell’ortofrutta, nonché le produzioni ad alto valore economico, come quelle viticole.

Questa che è stata definita dalla stessa Coldiretti “la peggiore crisi idrica del decennio” rischia di essere il preludio di un ‘futuro asciutto’. I modelli climatici segnalano, infatti, “un probabile aumento dei periodi di siccità su tutto il territorio nazionale, con un aumento più marcato al Sud e nelle Isole, mentre l’incremento degli eventi meteorologici avversi e la progressiva riduzione delle scorte di acqua di falda interesseranno non solo le regioni meridionali ma gran parte della penisola, aumentando il rischio siccità per una gran parte della produzione agricola italiana”.

Da qui, quindi, l’importanza di idonee politiche di gestione delle risorse idriche e di strategie nazionali di adattamento e mitigazione ai cambiamenti climatici in grado di “contenere i danni e migliorare la capacità di resilienza dei sistemi naturali, sociali ed economici ai cambiamenti attesi nel prossimo futuro”.