di Claudia Tarantino

A luglio 2017 l’Istat ha rilevato un andamento opposto degli indici del clima di fiducia dei consumatori e delle imprese: “aumenta leggermente” nel primo caso, passando da 106,4 a 106,7 e cala invece nel secondo, spostandosi da 106,3 a 105,5.

Una situazione a dir poco particolare, quindi, che vede da una parte giudizi e attese dei consumatori caratterizzate da un certo ottimismo, dall’altra quelli delle imprese più orientate al pessimismo.

Per comprendere questo scenario può essere utile andare ad analizzare le diverse componenti del ‘clima di fiducia’ elaborato dall’Istituto di statistica attraverso domande ritenute “maggiormente idonee per valutare l’ottimismo/pessimismo” sia dei consumatori sia delle imprese.

Per quanto riguarda i primi, l’Istat chiede di esprimere giudizi e attese sulla situazione economica dell’Italia, sulla disoccupazione, sulla situazione economica della famiglia, opportunità attuale e possibilità future del risparmio, opportunità all’acquisto di beni durevoli, giudizi sul bilancio familiare.

L’indice composito del clima di fiducia delle imprese, invece, raggruppa i settori del manifatturiero, delle costruzioni, del commercio al dettaglio e le imprese di servizi, a cui l’Istat chiede di esprimere giudizi e attese sul livello degli ordini, delle scorte di magazzino, sul livello della produzione, sull’occupazione, sull’andamento degli affari e sulle vendite.

Dalla rilevazione di luglio 2017 emerge così che “il recupero del clima di fiducia dei consumatori è dovuto essenzialmente alla componente personale (che passa da 100,9 a 101,6), corrente (da 105,7  a 106,3) e futura (da 107,7 a 108,2). Invece, la componente economica registra una diminuzione,  “passando da 123,6 a 122,9”, così come “risultano in peggioramento i giudizi circa la situazione economica del Paese” e, “per il quarto mese consecutivo, le aspettative sulla disoccupazione”.

E’ indicativo, infatti, notare che “circa le consuete domande trimestrali sull’acquisto di specifici beni durevoli”, come un’auto nuova o una casa, “si registra un lieve calo”, mentre “il saldo relativo alle intenzioni di spesa per manutenzione straordinaria della propria abitazione è in aumento”.

Mettendo da parte, dunque, la ‘componente personale’ che, da sola, ha portato all’aumento del  clima di fiducia delle famiglie, i risultati ottenuti dalle altre componenti non sono invece così difformi da quelli registrati per le imprese. In particolare, l’Istat evidenzia “la diminuzione del settore dei servizi, dove l’indice passa da 106,0 a 105,0”, “il peggioramento dei giudizi sugli ordini” nel settore delle costruzioni, il “deciso peggioramento” sull’andamento degli affari nei servizi e, infine, nel commercio al dettaglio “diminuiscono le aspettative sulle vendite future e le scorte di magazzino sono giudicate in decumulo”.

Ecco, dunque, che dati solo apparentemente discordanti, concordano invece su un aspetto che è, forse, quello più importante, soprattutto in questo momento: quello economico. Sia le famiglie sia le imprese dimostrano che la crisi non è ancora finita e, per quanto si voglia guardare al futuro con ottimismo, ancora non ci sono i presupposti per lasciarsela alle spalle.