di Claudia Tarantino

I dati diffusi oggi dall’Istat sulla produzione industriale di maggio, con balzi in avanti significativi sia per i ricavi sia per le commesse, stridono fortemente con il contesto più ampio della situazione economica nel nostro Paese, che vede livelli ancora altissimi di disoccupazione ed investimenti, soprattutto sui giovani, ancora inadeguati.
Sembra farsi strada sempre più nettamente, infatti, la tesi di una crescita industriale senza occupazione, peraltro ampiamente prevista con Industria 4.0, quella tendenza cioè dell’automazione industriale che integra alcune nuove tecnologie produttive per aumentare la produttività degli impianti, a discapito però della forza lavoro.
Ma andiamo a vedere perché.
A detta dello stesso istituto di statistica, i dati della produzione industriale di maggio sono “ampiamente positivi”, dal momento che il fatturato ha segnato “un significativo” aumento rispetto ad aprile, registrando un +1,5%, che porta il dato annuo al +7,6%, “la crescita più alta da dicembre scorso”.
Anche per quanto riguarda gli ordinativi l’Istat rileva dei salti in avanti: +4,3% sul mese e +13,7% (in termini grezzi) su base annua. “Per trovare un balzo maggiore delle commesse – sottolineano gli analisti – occorre tornare indietro ad agosto del 2016”.
Tra i settori che hanno registrato degli incrementi, appare particolarmente rilevante quello della fabbricazione di mezzi di trasporto in generale e di autoveicoli in particolare.
A maggio, infatti, il fatturato dell’industria degli autoveicoli sale del 18,5% su base annua, mentre le commesse segnano un’impennata tendenziale del 21,2%.
Ovviamente, non si può negare che, presi così singolarmente, siano segnali positivi. Però, come dicevamo, non hanno una ‘contropartita’ evidente in termini occupazionali e sono relativi ad un arco di tempo troppo limitato per essere indicativi di una tendenza alla crescita.
Ne deriva, quindi, la necessità che ricavi e commesse continuino ad avere nel tempo andamenti del genere, se non addirittura migliori, per dar prova che nelle fabbriche del nostro Paese si stia davvero ‘muovendo’ qualcosa e, soprattutto, che possano prefigurarsi scenari positivi anche sotto l’aspetto occupazionale.
Per parlare di vera ripresa, infatti, è necessario che la crescita non sia fragile e, soprattutto, sia omogenea in tutti i comparti, altrimenti sono solo oscillazioni del mercato.