di Claudia Tarantino

La pressione fiscale sulle imprese commerciali, turistiche e dei servizi è sensibilmente aumentata negli ultimi anni, soprattutto per quelle della Capitale che, in un confronto con il capoluogo lombardo realizzato da Confcommercio Milano, sono risultate più penalizzate.
Nella ricerca sono stati presi in esame Imu e Tasi sugli immobili di proprietà, Tari, la tassa rifiuti, Cosap, il canone occupazione spazi ed aree pubbliche e l’imposta di soggiorno (che vede gli imprenditori della ricettività turistica come esattori).
Ebbene, mentre per le imprese milanesi del terziario dal 2011 al 2016 i tributi locali sono stati “un peso” davvero rilevante, “anche a causa del taglio delle risorse alle amministrazioni comunali da parte dello Stato”, per quelle della Capitale sono state un vero e proprio salasso.
Basta scorrere i risultati della ricerca per rendersene conto.
“Due gli esempi: un ufficio di circa 100 metri quadrati di superficie e un negozio di 70 metri quadrati. Se per l’ufficio a Milano, nel 2011, si pagavano d’imposta poco meno di 790 euro, ora l’importo è vicino ai 2.900 euro: più di tre volte e mezzo di aumento. Nel caso del negozio di proprietà di 70 metri quadrati l’esborso passa da poco più di 96 euro ad oltre 355 euro: anche in questo caso una crescita di più di tre volte e mezzo. Ma la Capitale é più cara per gli immobili in locazione. La differenza emerge nei negozi dove le aliquote Imu sono diverse: 8,70 per mille a Milano sia per uso proprio dell’immobile che per locazione, 10,60 per mille a Roma per locazione e 7,60 per mille per uso proprio. A Milano per Imu eTasi si paga complessivamente più di 296 euro, a Roma oltre 355 euro”.
Non va meglio nemmeno nel confronto sulla tassa per lo smaltimento rifiuti. Nelle tipologie di attività con differenti metrature prese in esame (uffici, ristoranti, pizzerie, trattorie, bar caffè pasticceria, minimarket, ambulanti con i banchi di mercato alimentari) a Roma si paga quasi il doppio rispetto a Milano: circa 2.778 euro contro 1.420.
Lo stesso vale per l’imposta di soggiorno, in media a Milano è di 3 euro, a Roma di 4,3.
L’unica tassa che vede Milano più costosa della Capitale è quella riguardante l’attività temporanea. “Uno spazio pubblico di 20 metri quadrati per i tavolini e le sedie di un pubblico esercizio – occupazione di 3 giorni – a Milano costa il 68,5% in più rispetto a Roma (circa 366 euro contro i 217 euro di Roma)”. Un dato che penalizza, quindi, la Milano attrattiva e degli eventi.
Tra le proposte di Confcommercio per “sostenere le imprese, rilanciare i consumi e rendere la città ancora più attrattiva”, vi sono: l’estensione delle aliquote ridotte ‘premiali’ai proprietari di immobili a destinazione commerciale (utilizzati direttamente o affittati) della categoria D (alberghi, medie e grandi strutture commerciali) e della categoria A/10 (uffici e studi professionali); un abbattimento della Tari per chi produce e consente la raccolta e il riciclo di rifiuti di valore (carta, alluminio, vetro…); la riduzione del canone di occupazione di suolo pubblico; la destinazione dell’imposta di soggiorno a interventi in materia di turismo e sostegno alle strutture ricettive con vantaggi per il turista. “Ad esempio, – si legge nello studio – una carta gratuita del turista che offra sconti per l’accesso ai musei e per l’utilizzo della rete pubblica di trasporti”.
Una cosa è certa: se le imprese del terziario imboccano la strada della ripresa, è possibile aspettarsi miglioramenti anche sul fronte occupazionale, altrimenti il superamento della crisi sarà ancora per molto tempo solo una chimera.