Dopo più di 8 anni di attesa, inizia oggi il confronto fra Aran e sindacati sui rinnovi contrattuali del pubblico impiego. Ma le attese dei 3 milioni di lavoratori interessati rischiano di essere alienate più che ripagate: non solo si insiste su un aumento medio di appena 85 euro, ma bisogna attendere che la Legge di bilancio stanzi l’ultima tranche di finanziamenti, pari ad altri 1,2-1,3 miliardi, attualmente ancora mancanti. Così, in linea con la politica di governo e come se non bastassero le norme dei decreti della riforma Renzi-Madia, anche il confronto sui contratti parte dalle regole, e in particolare dalle assenze per malattia. ‘Prima il dovere’ continua ad essere il leit motiv del governo, per aggirare – ancora – la questione che scotta: le risorse.
Fra le ipotesi di tabella di marcia, lo spacchettamento della malattia in ore per le visite specialistiche, la revisione di tutta la materia dei permessi e delle assenze ex legge 104, l’inasprimento delle sanzioni. Nelle intenzioni del governo, il contratto dovrà contenere un sistema di incentivi e penalizzazioni per evitare alti tassi di assenza, spostando la logica “dal comportamento del singolo alla performance del gruppo”.
Altro tema primario secondo l’Aran è il modello di relazioni sindacali: la controparte datoriale vuole un sistema “meno burocratico” e più orientato a verificare “nella sostanza” le scelte dell’amministrazione, in linea con l’Ue. I tavoli aperti saranno 4, uno per ogni comparto sopravvissuto alla tagliola di governo: centrale, locale, sanità e istruzione. Di conseguenza, a complicare la situazione c’è anche il necessario e consistente lavoro di armonizzazione di norme e retribuzioni.