di Claudia Tarantino

Il lavoro, soprattutto negli anni della crisi, bisogna ‘inseguirlo’. Occorre cioè spostarsi dove c’è, poco importa se in un’altra provincia, in un’altra regione o addirittura all’estero.

La fotografia scattata dall’Osservatorio statistico dei consulenti del lavoro è chiara: dal 2008 al 2016 più di 500 mila connazionali si sono cancellati dall’anagrafe per trasferirsi all’estero. Al primo posto tra le destinazioni dei nuovi emigrati italiani c’è la Germania, seguita da Regno Unito e Francia.

Se questo dato sulla rinnovata ‘propensione’ di una larga fetta della popolazione a spostarsi in un altro Stato pur di lavorare non fosse sufficiente a rendere l’idea di quanto la crisi occupazionale sia all’origine di questa scelta, basta osservare i numeri relativi agli stranieri (quasi 300 mila, provenienti soprattutto dai Paesi dell’Est) che negli ultimi otto anni sono rimpatriati nel loro Paese di origine non trovando più opportunità di lavoro in Italia.

L’indagine, però, presenta e chiarisce gli aspetti anche di un altro fenomeno che, per certi versi, è altrettanto significativo: l’emigrazione interna tra le regioni.

Da un’analisi dei cambi di residenza, sempre più frequenti da una regione all’altra, è emerso infatti quanto il nostro Paese presenti “opportunità diverse e una situazione di disomogeneità interna che non ha pari in Europa”.

“Tra il 2008 e il 2015 – si legge nel rapporto – più di 380mila italiani si sono trasferiti da una regione del Sud in un altro territorio del Centro o del Nord Italia. Si tratta principalmente di lavoratori qualificati che vedono nella fuga dal Mezzogiorno la via migliore per guadagnare di più”.
Certo, se ciascuno trovasse lavoro nella propria città di residenza, non occorrerebbe spostarsi con tale frequenza. Ma ormai questo è un privilegio di pochi, riservato soprattutto a chi vive nei comuni con oltre 250mila abitanti, come Genova, Roma e Palermo che superano il 90% di occupati residenti nel 2016.
Intrecciando questi dati con quelli relativi alle dinamiche del mercato del lavoro nelle province italiane, viene ulteriormente dimostrato l’assunto secondo cui le possibilità occupazionali nelle 110 aree provinciali del nostro Paese si differenziano enormemente da Nord a Sud. “Si passa, infatti, da un tasso di occupazione del 37% nella provincia di Reggio Calabria ad un tasso del 72% nella provincia di Bolzano”.

Altro tasto dolente per i lavoratori italiani è il pendolarismo, quotidiano ed interprovinciale, “che può incidere fortemente sullo stipendio, la soddisfazione dei lavoratori e la qualità della vita”.
Ma, anche questo altro tipo di ‘mobilità’ presenta delle differenze enormi a seconda che il lavoratore debba spostarsi nell’hinterland milanese, che è sì l’epicentro degli spostamenti interprovinciali in Italia, ma è anche la provincia in cui i servizi di trasporto sono più efficienti e le occasioni di lavoro più numerose, o in altre aree dove i collegamenti non sono né comodi né frequenti.