I fondi pensione e le casse professionali investono ancora poco nelle imprese, preferendo di gran lunga titoli di Stato e mattone. Questo è uno dei passaggi salienti dell’intervento di Mario Padula, presidente della Commissione di vigilanza sui fondi pensione (Covip) durante la relazione annuale a Montecitorio.

Nel 2016 , in sintesi, la quota destinata al finanziamento delle imprese si è arrestata a 7,2 miliardi di euro (3,7% del totale delle attività). Di questa modestissima cifra poco meno della metà, 3,4 miliardi, sono andati in obbligazioni societarie e il resto (3,8 miliardi) in equity. Sull’Italia l’investimento complessivo è stato di 71 miliardi (37% degli attivi destinati a prestazione) ma oltre la metà sono andati in titoli del debito pubblico, per un valore di 40,2 miliardi, mentre poco meno di un terzo è investito in immobili.

La relazione presentata oggi è un vero e proprio bilancio del lavoro svolto dalla Commissione e degli obiettivi raggiunti in questi ultimi mesi. E’ emerso che la previdenza complementare cresce (sia rispetto al numero di iscritti che al patrimonio); gli iscritti sono oltre un quarto dei lavoratori, e i rendimenti dei fondi pensione superano ampiamente quelli del Tfr, sia considerando il solo 2016 sia guardando a un arco di tempo più ampio.

Padula è stato chiaro e diretto durante il suo corposo intervento: “la previdenza complementare può rafforzare il proprio ruolo, svolgendo in modo ancora più significativo di oggi una funzione di supporto al sistema previdenziale di base. La Rita (rendita integrativa temporanea anticipata, erogabile in base all’ultima legge di Bilancio a chi perde il lavoro ma non può ancora avere la pensione, ndr) già dimostra – ha spiegato – come sussistano margini per ripensare la tutela previdenziale in un’ottica ancora più integrata e sinergica”.

Inoltre il presidente ha chiesto esplicitamente che si presti maggiore attenzione alla sanità integrativa, sempre più importante in una società che invecchia ma che “diversamente dalla previdenza complementare non risulta adeguatamente regolata nè efficacemente vigilata”. Per quanto riguarda la vigilanza, infine, la Covip ha effettuato un numero elevato di interventi l’anno scorso, oltre 800.

Pochi iscritti nel Mezzogiorno

La maggior parte dei lavoratori che aderiscono alla previdenza complementare sono dipendenti, 5,8 milioni, dei quali 200.000 del settore pubblico, e 2 milioni di lavoratori autonomi. Il tasso di adesione permane sensibilmente più basso tra le donne e i giovani, al Sud e nelle Isole.

Rendimenti positivi in tutti i settori

Nel 2016 i risultati delle forme pensionistiche complementari sono stati positivi “per tutte le tipologie di forma e di comparto”, spiega la Covip, precisando che questo del resto dipende dal buon andamento dei titoli azionari e obbligazionari. I rendimenti medi, al netto dei costi di gestione e della fiscalità, si sono attestati al 2,7% nei fondi negoziali e al 2,2% nei fondi aperti; per i PIP “nuovi” di ramo III (piani individuali pensionistici di tipo assicurativo), il rendimento medio è anche migliore, arriva al 3,6%; le gestioni separate di ramo I hanno reso il 2,1%. In ogni caso si tratta di rendimenti superiori al Tfr, che è stato rivalutato, al netto delle tasse, dell’1,5%.

Il capitolo dedicato ai fondi Individuali di Risparmio (Pir)

Secondo il presidente possono poi contribuire a intensificare l’impegno nell’economia reale le disposizioni introdotte con la Legge di bilancio per il 2017. Da una parte le norme per favorire investimenti nel capitale delle imprese da parte dei fondi pensione e delle casse professionali «attraverso lo strumento della fiscalità e la semplificazione dei meccanismi amministrativi preordinati al conseguimento dei relativi benefici». A queste disposizioni si affiancano le iniziative più recenti «volte ad estendere a fondi pensione e casse professionali la possibilità di investire nei Piani Individuali di Risparmio (Pir)».

Gli investimenti: soprattutto obbligazioni

Il 61% del patrimonio dei fondi pensione è investito in titoli di debito, per i tre quarti costituiti da titoli di Stato. Il 16,3% è costituito da titoli di capitale e il 13,5% da OICR. Gli investimenti immobiliari, in forma diretta e indiretta, rappresentano il 3,3% del patrimonio e riguardano quasi esclusivamente i fondi preesistenti. Gli investimenti in attività domestiche ammontano a circa 35 miliardi di euro pari a poco meno del 30%. Gli investimenti in titoli emessi da imprese italiane rimangono limitati: 3,4 miliardi di euro, circa il 3% delle attività, di cui 2,3 miliardi formati da obbligazioni e 1 miliardo da azioni. Davvero pochi soprattutto se si guarda agli altri Paesi: nel confronto internazionale, i fondi pensione italiani mostrano una minore propensione a investire in titoli di emittenti domestici. Le recenti misure di agevolazione fiscale per gli investimenti a lungo termine previste per i fondi pensione e casse professionali possono rappresentare uno stimolo, fa notare però Padula.