di Barbara Faccenda

Una delle forme più imprevedibili ed enigmatiche di terrorismo è quella degli atti violenti condotti da un singolo individuo. I così detti “lonewolves” (lupi solitari) sono un incubo per la polizia e per la comunità di intelligence e sono estremamente difficili da individuare. Gli attori solitari hanno un vantaggio critico nell’evitare l’identificazione e l’individuazione prima e dopo i loro attacchi, dal momento che la maggior parte di loro non comunica con gli altri le proprie intenzioni. Il termine “lonewolf” è stato reso popolare verso la fine degli anni ’90 da Tom Metzger e Alex Curtis, che credevano nella supremazia bianca, come stimolo ai seguaci razzisti per agire da soli, per ragioni tattiche, nella commissione di crimini violenti. È possibile definire un “lonewolf” come “una persona che agisce da solo/sola senza ordini da o connessioni con un’organizzazione”. La differenza con la “cellula dormiente” di un gruppo terrorista è che la cellula consiste in uno o più operativiinfiltrati nella società obiettivo e rimane dormiente fino a quando il gruppo o l’organizzazione non gli ordina di entrare in azione. Di contro, un lupo solitario è un operativo autonomo che per sua natura è inserito nella società obiettivo ed è capace di attivarsi da solo e in ogni momento. La definizione include coloro che sono ispirati da un certo gruppo ma che non sono sotto il comando di persone, gruppi o reti. Potrebbero essere membri di una rete, ma questa rete non è un’organizzazione gerarchica nel senso classico del termine.
Non esiste un profilo singolo, standardizzato di lupo solitario. Nei circoli islamisti, l’idea di un impegno in piccola scala, attraverso attacchi terroristici organizzati liberamente non è nuova. Nel 2003, ad esempio, in un articolo pubblicato sul forum estremista Sada al Jihad (l’eco del Jihad) i simpatizzanti di Osama bin Laden erano incoraggiati ad intraprendere azioni senza aspettare istruzioni. Nel 2006 un testo di un membro di Al Qaeda Abu Jihad al-Masriintotolato “come combattere da soli” circolò diffusamente tra i forum jihadisti. Un altro scrittore prominente, salafista, Abu Musab al-Suri caldeggiava gli atti di terrorismo compiuti da piccole cellule autonome o individui. I terroristi lupi solitari tendono a creare le loro proprie ideologie che uniscono frustrazioni personali con l’avversione verso la politica, la società o la religione.
Mentre è un mito che molti terroristi soffrano di psicopatologieidentificabili,il tasso di disturbi psicologici e di inettitudine sociale tra i lupi solitari è relativamente alto.
I livelli che generano le azioni violente di un individuo
La radicalizzazione che genera azioni violente è generalmente analizzata su un modello a tre livelli. Il primo, il più basso, il livello macro sociologico/politico-culturale. Il terrorismo necessita di un terreno fertile che potrebbe consistere in ideologie esistenti o nuove. Questo tuttavia non è sufficiente per spiegare il ricorso all’azione violenta. C’è quindi bisogno di altri due livelli. Il secondo cosiddetto“ambiente di attivazione” che comprende gruppi ristretti, reclutatori e/o veri e propri impresari della violenza che creano un ambiente stimolante che offre un senso di appartenenza, normalizza la violenza e fornisce un più alto obiettivo di vita. Attraverso questi “gruppi ristretti”, gli attivisti subiscono uno “rischioso spostamento” (incrementando l’accettazione del rischio), sviluppano un “pensiero di gruppo” e procedono ulteriormente sulla loro strada della radicalizzazione. Perciò, e questo è un punto critico da tenere in considerazione, sebbene noi possiamo etichettare un individuo come un lupo solitario, egli certamente non percepisce sé stesso come un solitario che opera in completo isolamento; si considera parte di un gruppo.
L’ultimo livello è quello psicologico, individuale che determina la suscettibilità a certe influenze, idee, cause scatenanti, quindi spiega perché alla fine e in quel momento un individuo decide di utilizzare la violenza per promuovere la sua causa. Nel complesso, su un livello morale e metafisico, si può ritenere che le ideologie siano in parte responsabili per atti compiuti nel loro nome, ma non su un livello empirico, giuridico o direttamente causale.
Il richiamo dello “Stato islamico” ai lupi solitari
Dal10 ottobre 2016, con la pubblicazione del secondo numero di Rumiyah(magazine online dello “Stato islamico”) è diventato sempre più chiaro che gli sforzi di propaganda dello “Stato islamico” (IS) si sono strategicamente spostati, caratterizzandosi su due linee chiave. La prima: la macchina della propaganda IS è sottoposta ad una pressione immensa, evidenziata ad esempio, dagli assassini di importanti figure come Abu Muhammad Al-Adnani e Wa’il Al-Fayad, le cui ripercussioni possono essere viste nella rilevanza di materiale rimanipolato nella messaggistica. Secondo, i temi chiave della propaganda IS sono stati alterati in modi che riflettono la sua campagna di reclutamento e la necessità di ricalibrare la sua messaggistica in armonia con il declino delle sue fortune sul terreno. In molti modi, Rumiyah incorpora queste linee. Il messaggio chiave in Rumiyah e che è diventato sempre più importante nella messaggistica IS è che il suo “califfato” è in frantumi: “difficoltà purificano i ranghi così i veri credenti devono radunarsi, rispondere ai loro nemici con la stessa moneta e perseguire la vittoria assicurata divinamente”.
Analisi del magazine Dabiq (un’altra rivista dell’IS) hanno rivelato che i suoi contenuti tendono a bilanciare e intrecciare la scelta razionale (decisioni basate su una considerazione costi-benefici delle alternative) e la scelta d’identità (decisioni basate su cosa sia appropriato attraverso le lenti dell’identità) nei messaggi destinati a richiamare uno spettro motivazionale più ampio. Di conseguenza Dabiqè stato riempito di articoli che fanno leva su fattori pragmatici (sicurezza, stabilità e mezzi di sostentamento), richiami di scelta-razionale così come messaggi intesi a persuadere i lettori nel percepire il mondo attraverso le “lenti” della visione dell’IS (un mondo bipolare in una crisi acuta che solo l’IS può risolvere). Il richiamo apparentemente magnetico dei messaggi dell’IS riflette, a vari gradi, questa interazione tra messaggi di scelta razionale e scelta d’identità che presumibilmente lavoranonella direzione di allineare forze motivazionali potenti nei sostenitori dell’IS. Articoli come “buoni flussi dell’imminente vittoria di colui che è paziente”, “vie di vittoria” intrecciano narrative emotive, argomenti giurisprudenziali, precedenti storici e esempi che ispirano,nello sforzo di determinare il costante impegno dei suoi sostenitori nel raggiungimento della “vittoria inevitabile”.
Il focus dell’IS adesso è implorare i “veri credenti” a vedere le difficoltà come una benedizione, un mezzo divino per purificare i ranghi e la perdita di territorio, risorse, persone come nessun ostacolo alla vittoria finale. Secondo Rumiyah, le difficoltà che stanno affrontando i musulmani (IS) devono essere punite con una violenza reciproca. L’articolo “solo tattiche di terrore” richiama i sostenitori dell’IS ad impegnarsi in attacchi con coltelli, con veicoli anche fornendo consigli operativi. Inoltre, l’articolo sostituisce il termine “lonewolf” con “solo operazioni di terrore” riflettendo l’importanza della semanticae la necessità di inquadrare questo tipo di azioni come naturalmente legittime e moralmente giustificate. Un messaggio questo che è ulteriormente rafforzato dall’articolo “brutalità e severità verso i miscredenti” che inonda il lettore con esempi del profeta Maometto che punisce i suoi nemici. Tutto ciò è accompagnato dai canali pro-IS online che richiamano all’uccisione di civili “corri sopra loro con veicoli” con immagini di camion, pistole e coltelli.
Il tono dominante di Rumiyah è quello di cercare di dare poteri al lettore sia psicologicamente che esistenzialmente. Gli architetti di Rumiyah hanno impiegato strategie di significato, credibilità e cambiamento comportamentale che hanno contribuito ad ispirare molti in occidente a diventare foreign fighter o ad impegnarsi in terrorismo locale. Coloro che sono incaricati di sfidare la propaganda dell’IS devono focalizzarsi su come i messaggi dell’IS stanno cambiando il loro focus in modi che generano nuove e complesse sfide. L’IS strategicamente si adatta in anticipo e in risposta alle sue fortune sul campo e agli sforzi del nemico.
Politici, editori, webmasters hanno bisogno di riconsiderare il linguaggio utilizzato e i messaggi contenuti nei loro commenti e quello che dicono dalle loro tribune.
Sarebbe stolto muoversi da una fobia (paura degli estremisti di estrema destra) ad un’altra (islamofobia); la paura irrazionale e l’esclusione non sono la risposta, ma in molti casi effettivamente il problema. Le politiche di contro-terrorismo basate su questo tipo di nozioni potrebbero contenere il rischio di essere faziose e contro producenti.