di Barbara Faccenda

Porsi la domanda su cosa accadrebbe se gli Stati Uniti perdessero l’Europa come partner ed alleato sembra essere, per ora, astratta, ma il primo viaggio di Trump come Presidente degli Stati Uniti, ci dà qualche indicazione: l’ostinazione di Trump a voler scoprire la risposta a questa domanda nella realtà.

Ha iniziato il suo viaggio mostrando “amore” per l’Arabia Saudita, la cui agenda regionale ha entusiasticamente e con senso di responsabilità adottato come propria. Poi la breve sosta in Israele, dove ancora ha mostrato “amore” e disponibilità a fare delle priorità del padrone di casa le proprie.

Tuttavia, non c’è stato “amore” per l’Europa quando Trump è arrivato a Bruxelles per incontrare i rappresentanti dell’Unione Europea e i leader della NATO, e in Sicilia per l’incontro con il G7. Oppure se ce n’era era un “amore” difficile, tormentato.

Importante è distinguere tra il comportamento villano e dispregiativo di Trump verso la parte europea del suo viaggio e l’attuale politica americana, che finora non è cambiata drammaticamente rispetto all’UE e alla NATO. Le differenze politiche sono emerse nell’incontro del G7, particolarmente sul libero commercio e l’accordo di Parigi sul clima. Tuttavia quello che c’è alla base della relazione americana con l’Europa non è stato alterato da quando Trump è entrato in carica come Presidente degli Stati Uniti.

L’impressione che Trump ha dato è stata abbastanza brutale da indurre la cancelleria tedesca Merkel, il modello del politico cauto, a dichiarare: “I tempi in cui si può pienamente contare su altri sono in qualche maniera finiti, ne ho fatto esperienza nei giorni passati”.

Chiaramente Trump non ha una comprensione accurata di cosa fornisce la NATO e l’alleanza trans-atlantica alla sicurezza e al benessere americano. Inoltre, mentre i leader europei probabilmente non prendono nulla sul serio di quello che Trump dice (chi lo fa?), sarebbe l’equivalente di una negligenza di politica estera per loro non prepararsi, almeno, per la possibilità che un giorno l’alleanza trans-atlantica si spezzi.

Proviamo a individuare due scenari di come sarebbe quel giorno. In uno scenario, spaventati dalle minacce di Trump e dall’incertezza sulla loro abilità di cavarsela da soli, gli alleati europei degli Stati Uniti capitoleranno alle sue richieste. Incrementeranno le spese per la difesa e offriranno significative concessioni sul commercio, mentre assorbiranno uno svantaggio competitivo seguitando l’accordo sul cambiamento climatico che gli Stati Uniti hanno abbandonato.

Questa sorta di riappacificazione sembra essere l’approccio favorito dagli Stati del Golfo, ma ci sono tre importanti differenze tra gli Stati del Golfo e gli alleati europei degli Stati Uniti in relazione alla risposta più probabile a Trump.

La prima è che l’approccio di Trump al Medio Oriente ha una tinta molto vicina a quella dell’Arabia Saudita e ai suoi vicini. In Europa, di contro, la sua agenda non assomiglia a quella degli alleati europei, ma a quella del presidente russo Putin. Quindi, offrendo concessioni a Trump, l’Europa non si porta più vicino ad un accettabile orizzonte politico.

La seconda differenza è che gli Stati del Golfo realmente non hanno bisogno della copertura americana di sicurezza per contrastare un rivale, l’Iran. I membri europei della NATO certamente beneficiano dalla garanzia di sicurezza degli Stati Uniti ed è possibile che l’ingerenza russa peggiori nell’assenza di un impegno militare americano in Europa. Ma con l’eccezione degli Stati Baltici, nessun paese europeo ha realisticamente a che fare con la minaccia russa d’invasione o di intervento. Trump è corretto quando dice che l’Europa è ricca e forte abbastanza da difendersi da sola. L’Europa ha meno d’aver paura rispetto agli Stati del Golfo quando si tratta di disabituarsi alla dipendenza dalla garanzia americana di sicurezza.

Terzo, e forse più importante, gli Stati del Golfo sono monarchie che sono ben rodate nell’arte della lusinga e dell’adulazione, tratti caratteristici della personalità di Trump.

I leader europei devono rispondere ad elettorati democratici che non accetterebbero la posizione di “supplichevole al padrone americano”, particolarmente uno così villano come il Trump della settimana scorsa. Ed era esattamente questo il pubblico a cui si rivolgeva la Merkel nei suoi commenti di domenica scorsa.

Il secondo scenario su cui riflettere potrebbe essere quello della rottura dell’alleanza trans-atlantica.

Innanzitutto, l’Europa sarebbe obbligata a riconfigurare i suoi accordi di sicurezza collettiva. Idealmente, questo processo si realizzerebbe in maniera graduata come uno sforzo condiviso all’interno delle strutture dell’alleanza, piuttosto che come il risultato di una rottura improvvisa. Ma con la Gran Bretagna non più freno allo sviluppo di una politica di difesa comune europea, esiste già l’architettura per riempire il vuoto che si creerebbe dalla scomparsa della NATO.

L’Europa diventerebbe chiaramente più vulnerabile all’interferenza russa. Tuttavia il ritiro delle truppe americane dall’Europa dell’Est rimuoverebbe il razionale per il revanscismo russo, mentre incentiverebbe l’UE a trattare con Mosca più cautamente e strategicamente, quindi evitando scontri non necessari e conflitti come quello in Ucraina. Infine ci sono quelli in Europa che favoriscono un partenariato con la Russia piuttosto che una rivalità: una relazione UE-Russia basata su beneficio economico vicendevole, con legami militari che vanno dalla non-interferenza alla cooperazione. In estrema sintesi: ci sarebbero dei costi per l’Europa,ma sarebbero gestibili.

Quale invece sarebbe l’effetto per gli Stati Uniti? Non ci sarebbe un netto risparmio sulle spese per la difesa, visto che gli Stati Uniti restano impegnati a mantenere una forza militare capace di proiettarsi come una potenza globale. Invece Washington perderebbe dei vantaggi militari che gli alleati forniscono.

Ci sarebbero anche delle ripercussioni diplomatiche e politiche e una divisione definitiva tra gli Stati Uniti e l’Europa che metterebbe in discussione l’idea dell’“Occidente”. È difficile immaginare come sarebbe un mondo post-occidentale, un ordine internazionale così come esiste oggi come costruzione occidentale.

Una possibilità è che sia gli Stati Uniti che l’Europa soffrano una perdita di influenza e prestigio, in un tempo in cui il potere economico sta già muovendosi da Ovest ad Est. Di fronte all’incertezza, tuttavia non c’è una ragione per eliminare frettolosamente la configurazione corrente. Sebbene potrebbe essere migliorata, non è onerosa come Trump la rappresenta.

Trump è certamente nel giusto sui meriti quando argomenta che l’Europa deve contribuire maggiormente all’alleanza, ma la sua comprensione sul partenariato trans-atlantico non è assolutamente chiara e adeguata, perché se avesse compreso il benessere e la sicurezza che fornisce questa alleanza agli Stati Uniti non avrebbe certamente esercitato pressioni sugli alleati europei nei suoi incontri privati e avrebbe trattato i padroni di casa con la cortesia e il rispetto che meritano.