Un successo organizzativo, meno politico. Ci sono voluti il G7 di Taormina e un debuttante presidente Usa, vituperato dall’establishment europeo e americano, per far dichiarare ad Angela Merkel: “Noi europei dobbiamo prendere il nostro destino nelle nostre mani”, “i tempi in cui potevamo fare pienamente affidamento sugli altri sono passati da un bel pezzo, questo l’ho capito negli ultimi giorni”. Forse un po’ in ritardo. Mentre il consigliere alla sicurezza nazionale H.R. McMastera ha affermato: “Tutti gli obiettivi che il presidente si prefiggeva sono stati raggiunti”.
Dunque, la distonia c’è ed è evidente, ma non è tutto.
Il bilancio è il seguente: Canada, Italia, Francia, Germania, Gb, Giappone hanno riaffermato “il forte impegno per una rapida applicazione dell’accordo di Parigi”, quello sul clima firmato dall’allora presidente Barack Obama. Ma gli Usa hanno preso tempo con Trump che ha ‘deciso di decidere’ la prossima settimana. Merkel, grande amica di Obama, ci ha tenuto a sottolineare che la discussione sul clima è stata “insoddisfacente”, proprio perché non si ammettono “accordi al ribasso”; affermazione che potrebbe valere anche per Trump. Anche l’altro debuttante, Macron, ha cercato di fare da paciere riuscendo ad evitare una frattura tra Ue e Usa, ma la conferenza stampa finale è stata cancellata. Confronto duro sul libero commercio, sul quale però è passata la linea della “lotta al protezionismo”, quindi quella europea Ma per Gentiloni “il risultato più importante è stato sul terrorismo”, mentre sui migranti, pur derubricando la soluzione del problema ad una sede diversa dal G7, l’Italia avrebbe voluto di più sul tema dei diritti.
Alla fine la vera lezione di Taormina è per Angela Merkel, Emmanuel Macron e Paolo Gentiloni che si sono ritrovati affiancati in più di un’occasione, grazie anche all’addio lento ma per ora inesorabile della Gran Bretagna.
Allora, grazie signor Presidente Donald Trump e speriamo che l’unità duri.