C’è chi ha tutto il tempo di crescere e chi non diventa mai adulto, ma c’è anche chi è obbligato a farlo. Si chiamano ‘care leavers’, ragazzi che vivono in case famiglie o in strutture di accoglienza, i quali, quando hanno raggiunto la maggiore età, sono costretti ad abbandonarle e devono essere in grado di mantenersi economicamente.
Secondo la ricerca ‘Una risposta ai care leavers: occupabilità e accesso ad un lavoro dignitoso’, realizzata da SOS Villaggi dei Bambini, condotta in 10 diversi Paesi tra cui Austria, Croazia, Capo Verde, Spagna, Italia, Tunisia, Zimbabwe in collaborazione con il London University College, si tratta di 3000 giovanissimi ogni anno in Italia che non possono più beneficiare della cura, della protezione e della tutela garantite dall’accoglienza residenziale.
L’indagine mette in luce gli ostacoli che questi ragazzi devono affrontare dal punto di vista, sociale, economico ed organizzativo per poter raggiungere l’indipendenza economica.
“Purtroppo la presa in carico e la responsabilità del servizio pubblico cessa al compimento del 18simo anno di età: si tratta, in pratica, di una transazione forzata verso l’età adulta che non tiene in nessun conto dei travagliati percorsi personali di questi ragazzi”, ha dichiarato Roberta Capella, Direttore Generale SOS Villaggi dei Bambini. “In Italia non esiste una normativa specifica che si occupi dell’accompagnamento all’autonomia dei maggiorenni in uscita dei percorsi di accoglienza: l’unica deroga a questa norma e’ l’applicazione di una disposizione (art. 25 R.D. 1404 risalente al 1934) che consente al Tribunale dei Minori di estendere, in alcuni casi, il sostegno e l’accompagnamento sociale fino al compimento del 21simo anno di età. Questa misura non viene di fatto più applicata nella maggior parte dei territori per mancanza di fondi. Questa mancanza si trasforma in un ritorno dei ragazzi nei servizi sociali per adulti”.
Secondo l’Eurostat la percentuale dei giovani, tra i 25 e i 34 anni che vivono ancora con i genitori è del 50,6% (era al 44% nel 2011), quasi 22 punti in più rispetto alla media europea (dietro solo alla Grecia con il 53,4%). Nel nostro Paese, i giovani non lasciano la famiglia di origine prima dei 30 anni.
Ai care leavers, invece, viene chiesto di essere autonomi e indipendenti a 18 anni. Gli ultimi dati disponibili, pubblicati dal ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali e relativi all’anno 2012, parlano di 28.449 minorenni che vivono fuori famiglia in Italia, la metà dei quali in affido familiare mentre la restante metà in comunità di accoglienza o in case famiglia. Inoltre ogni anno nel nostro Paese si investono oltre 500 milioni di euro per far fronte a tutte le spese relative al mantenimento e alla cura dei bambini e ragazzi che vivono presso le diverse comunità di accoglienza.
A 18 anni è davvero troppo presto essere indipendenti e soprattutto se lo si deve diventare dall’oggi al domani in un Paese come l’Italia che non ha adeguati centri per l’impiego, non è in grado di orientare né la formazione né l’ingresso del mondo del lavoro, senza dimenticare l’alta percentuale di disoccupazione giovanile.