di Annarita D’Agostino

Esiste una scuola davvero “buona”, e ne fanno parte 370 sedi e 8mila studenti: sono i numeri del mondo dell’istruzione ‘parallelo’ che opera negli istituti penitenziari italiani. Questa volta è il Sud che batte il Nord: le sedi scolastiche di secondo grado sono 60 in Sicilia, 44 in Campania, 32 nel Lazio, 30 in Emilia Romagna e Lombardia. Seguono le altre regioni.
Degli 8.000 detenuti che frequentano i percorsi di istruzione secondaria di secondo grado, più della metà seguono corsi professionali (698 nel settore Industria e artigianato e 3.462 nel settore servizi), oltre tremila quelli di istruzione tecnica (1.838 nel settore economico e 1.261 nel settore tecnologico), 750 seguono i percorsi artistici.
Le ‘superiori in carcere’ fanno parte di un progetto educativo e rieducativo partito alla fine degli anni ’90 con un’apposita ordinanza del ministro dell’Istruzione, che ha istituto i cosiddetti “Centri Territoriali Permanenti per l’educazione degli adulti” con la finalità di curare, “d’intesa con gli istituti penali, iniziative per lo svolgimento di attività di educazione degli adulti nelle carceri, assicurando in ogni caso l’offerta negli istituti penali minorili”.
Oggi, i risultati sono positivi: i dati consolidati più recenti risalgono all’anno scolastico 2011/2012 ma certificano che già 5 anni fa sono stati erogati più di mille corsi in totale, frequentati da quasi 18mila detenuti, e sono state rilasciate oltre 5000 qualificazioni tra titoli di studio e attestati vari; “significativa” anche l’attività di istruzione realizzata dal sistema scolastico negli istituti penitenziari attraverso l’attivazione da parte del MIUR di quasi 250 scuole carcerarie, con il contributo del sistema di formazione professionale e del terzo settore, e l’autorizzazione di centinaia e centinaia di posti e di cattedre.
Nel 2012 l’istruzione in carcere è stata ricondotta con un apposito provvedimento normativo al nuovo sistema di istruzione degli adulti, istituito con il DPR 263/12, e la gestione amministrativa, organizzativa e didattica delle ‘scuole carcerarie’ è stata affidata ai CPIA (Centri Provinciali per l’Istruzione degli Adulti) e alle istituzioni scolastiche di secondo grado.
Il ministero dell’istruzione attribuisce all’iniziativa “un valore inestimabile”. Valore confermato dall’esperienza di Maria Consolata Franco, da 33 anni insegnante di Italiano, Educazione civica, Storia e Geografia all’Istituto Penale Minorile di Nisida, Napoli, e vincitrice del premio ‘Teacher Prize’: “A Nisida – spiega all’agenzia di stampa Adnkronos – ho imparato ad insegnare sperimentando sulla mia pelle tutte le difficoltà di avviare curiosità e interessi culturali nei ragazzi dalle pesanti esperienze di vita, che dalla scuola si sono, o sono stati, allontanati. I ragazzi – aggiunge – in generale non hanno un buon rapporto con la scuola, sono per la maggior parte analfabeti di ritorno e, il problema maggiore è che non hanno nessuna motivazione allo studio. Quasi tutti – evidenzia – sono convinti che la loro vita è quella e quella sarà”.
“Quello di cui mi sono accorta – sottolinea – è che tutti i ragazzi sono coinvolgibili. Certo – precisa – con tempi diversi, ma un clima sereno e il rispetto dei loro problemi e vissuti fa sì che alla fine qualunque ragazzo sente l’esigenza di dire qualcosa di sé stesso”. E, con gli stimoli giusti, di poter dare il proprio contribuito al futuro della comunità.