di Cecilia Pocai

Fare la mamma il più delle volte viene paragonato ad un lavoro a tempo pieno e se volessimo calcolare un’eventuale busta paga, sarebbe un impiego davvero remunerativo, da circa 3.045 euro netti al mese. La domanda però sorge spontanea: perché calcolare lo stipendio di una mamma e non magari quello di un papà? E ancora prima: perché considerare lavoro solo ciò che fa una mamma?
Lo strano conteggio di ProntoPro.it ha preso in considerazione tutte le attività svolte dentro e fuori casa, con le relative paghe orarie riconosciute a chi esercita i diversi mestieri al di fuori della famiglia, come lavoratore professionista. Si parte dal ruolo di autista privato, richiesto per accompagnare a tutte le ore i propri bambini a scuola, in piscina o dagli amici: la retribuzione oraria media per questa professione è pari a 13 euro l’ora. E non dimentichiamo il suo ruolo di chef, che normalmente guadagna mediamente 30 euro l’ora. La mamma diventa anche un consulente per gli acquisti ha una paga oraria pari a 50 euro: questo significa che una madre, in un mese, ne guadagnerebbe almeno 150, considerando che la sua consulenza non verte solo su scarpe e vestiti, ma anche su libri, cancelleria, articoli sportivi e giocattoli. Ultimo ma forse il più importante, il ruolo di life coach: ogni genitore è un life coach reperibile e contattabile 24 ore al giorno, pronto ad insegnare a gestire la propria vita, il proprio tempo e i propri affetti. La mamma è la prima life coach che incontriamo nel nostro percorso di vita e se volesse lucrare solo su questo potrebbe guadagnare 8.810 euro al mese, cifra che non è stata inserita nel computo.
In realtà quello appena descritto dalla ricerca è tecnicamente l’impegno di accudire un figlio che, ancora nel 2016, sembra dover pesare tutto sulla mamma.
Non è certo per sminuire quanto fanno le donne per la famiglia, ma questo rientra in quel concetto di donna- madre tipico della tradizione italiana. Un aspetto che si rispecchia anche in termini occupazionali: le disparità salariali, i part-time, le riduzioni dell’orario di lavoro, i contratti precari sono spesso le situazioni con cui le donne si devono confrontare. Situazioni frutto proprio di questo immaginario collettivo in cui la donna, dal momento in cui diventa madre, smette di essere donna. Questo comporta, infatti, che siano svantaggiate nel lavoro rispetto ai loro colleghi perché hanno già un’occupazione primaria, quella di fare la mamma, mentre gli uomini possono dedicarsi anima e corpo a lavorare. Ed ecco che, secondo il rapporto di Save the Children l’Italia si colloca alla 27a posizione seguita solo dalla Grecia per quanto riguarda l’occupazione delle donne tra i 25 e i 49 anni.
Insomma, la donna ha difficoltà a trovare lavoro rispetto all’uomo perché è o può diventare madre ma questo perché nell’immaginario collettivo italiano l’impegno dei papà spesso è a livelli davvero minimi. In Ue i padri tendono ad usufruire del congedo parentale con medie che vanno dal 20% al 30% , mentre, in Italia si arriva al 10%.
Il concetto di ‘stare a casa con i figli’ non è dunque nel dna dell’uomo italiano che, stando allo stipendio che una donna dovrebbe percepire “lavorando come madre”, sembra che a casa ci stia veramente poco.
Il problema però è che troppo spesso sono le donne a sentirsi e a volersi sentire ‘super mamme’ al limite dello sfinimento. E’ la tradizione che le ha disegnate così, “super mamme”, ora anche da 3 mila euro al mese.