È difficile capire che cosa sia esattamente venuto a fare Barack Obama, ex presidente degli Stati Uniti, in Italia. Almeno una certezza però l’abbiamo ed è cioè che il viaggio gli è decisamente convenuto.

Non perché il suo grande amico Matteo Renzi lo ha incoronato «capo mondiale dei Dem». Non perché Barack si è potuto togliere qualche sassolino dalla scarpa volendo così sottolineare la sua supremazia culturale rispetto a quella di Donald Trump. Non perché ha ricevuto le chiavi della città di Milano dal Sindaco Giuseppe Sala. Ma perché dal trionfale tour meneghino ha ricavato 850 euro da ciascuno di 3500 presenti, che fa un totale di quasi 3 milioni di euro.

Non poco se si pensa che è premio Nobel e ex presidente degli Usa; ex che solitamente, una volta finito il mandato, escono di scena. Lui, a parte qualche mese di vacanza e di relax ‘al mare’, di cui abbiamo avuto patinate, romantiche e centellinate immagini, di scena non è mai veramente uscito e, anzi, è ritornato più affascinante e predicante che mai. D’altronde questi sono tempi eccezionali che richiedono risposte eccezionali da parte delle sinistre del mondo occidentale, travolte da un più che significativo cataclisma politico-economico.

Infatti Obama ha promesso di tornare a Milano; ha annunciato di volersi dedicare alla scoperta e alla formazione dei giovani leader politici del futuro; ha predicato in difesa del clima o meglio del suo accordo su clima; ha difeso i migranti dall’Italia, cioè dal Paese in Europa che più di tutti accoglie e salva vite, spiegando a noi, sì proprio a noi, che essi scappano dalla fame; ha elogiato il cenacolo di Leonardo e noi italiani effettivamente stavamo aspettando proprio lui per renderci conto per la prima volta di quale meraviglia fosse quell’opera d’arte.
Ma è proprio l’aspetto più importante per il futuro del nostro Paese, dell’occupazione, dei giovani e dell’agroalimentare, che sta sbancando letteralmente  negli Usa grazie anche alla ‘rivoluzione bio’ portata dagli Obama’s alla Casa Bianca, quello più trascurato dalla stampa. La terza edizione del ‘Seed&Chips Global Food Innovation Summit’ (‘Semi e Patatine fritte’) organizzato alla Fiera di Milano Rho è il meeting nel quale ben si incastonava l’intervento di Mr. Obama, un congresso internazionale dedicato a tutti gli operatori e a tutte le realtà protagoniste dell’innovazione della filiera alimentare, da aziende e start up. alle istituzioni di settore italiane e internazionali, investitori e politici, con l’obiettivo di discutere e intercettare le innovazioni del mondo del cibo e di produzione, confezionamento, commercializzazione e consumo degli alimenti.
Dunque il ‘Seed&Chips’ ci avrebbe dovuto portare nel pieno della quarta rivoluzione industriale, quella digitale, che come ha avvisato lo stesso Obama «sta creando in molti settori dell’economia alta intensità di capitale e meno richiesta di mano d’opera, e tutto questo diventerà un problema nel mondo avanzato. È una delle cose che mi preoccupa di più. In molti Paesi del Medio Oriente e del Sud Est asiatico il lavoro, la mancanza del lavoro, è una parte del problema che fomenta la radicalizzazione e il terrorismo». Solo nel Medio Oriente? «Dobbiamo pensare a un tempo tra 20 o 30 anni da ora quando le tecnologie elimineranno interi settori dell’economia. Dobbiamo evitare che ci sia chi faccia enormi guadagni lavorando 18 ore a settimana e invece chi ha difficoltà a sostenere la propria famiglia. Questo non è un meccanismo sostenibile per la democrazia».

Mentre noi qui in Italia ci agitiamo per gli ulivi che vengono espiantati per poi essere ripiantati al fine di far passare una conduttura di gas in Puglia, nel mondo, in casa nostra, si discute dell’‘industria digitale del cibo’. Un’industria che probabilmente meglio si confà a marchi come Aunt Jemima, Fluff (la crema di mushmallow), Hidden Valley ranch salad, Hubba Bubba che non ai nostri marchi di olio extra vergine di oliva, vino, formaggi e salumi, pasta al grano duro e chi più ne ha più ne metta. O forse no, ci stiamo sbagliando: l’era digitale nell’agroalimentare sarà un trampolino di lancio per i nostri prodotti. Ma è di questo che avremmo voluto leggere.

Ma no, è molto più interessante soffermarsi sulla camera da 8000 euro circa dei coniugi Obama, sulla cravatta lasciata in albergo e sulla camicia sbottonata di Barack, sulla cena ufficiale riservata a 400 invitati, sul tifo da concerto rock che gli hanno riservato politici, manager privati e pubblici, rappresentanti istituzionali, rettori, procuratori capi, vip, cuochi stellati, comici-scrittori e ovviamente sponsor.

Da tutto ciò risulta evidente quanto meno quale sia il vantaggio delle democrazie e cioè che una volta lasciata la poltrona, persino la più importante e la più scottante del mondo occidentale, un uomo non si sente più responsabile di ciò che ha commesso, sia degli errori piccoli sia dei grandi. Come le tante inutili, dannose guerre (per chi nel Mediterraneo ci vive e vorrebbe ancora viverci) e le questioni razziali lasciate aperte dal primo presidente afroamericano degli Stati Uniti, oggi capo dell’alleanza internazionale anti-Trump.

Barack Obama a Milano al meeting ‘Seed&Chips’

Barack Obama a Milano al meeting ‘Seed&Chips’