di Annarita D’Agostino

E’ stato presentato oggi a Palazzo Chigi il libro ‘Italiasicura. Il piano nazionale di opere e interventi e il piano finanziario per la riduzione del rischio idrogeologico’. Il libro disegna la mappa del lavoro svolto, a partire dal 2014, dall’apposita struttura di missione costituita presso il governo per fuoriuscire dall’ottica emergenziale e avviare un percorso di prevenzione degli effetti nefasti delle calamità naturali.
Un obiettivo certamente prioritario per il nostro Paese, dove “circa l’11% del territorio nazionale è a rischio frane e alluvioni – spiega il coordinatore della struttura di missione, Erasmo D’Angelis -, ci vivono tra i 6 e i 7 milioni di italiani; solo a Roma, tra 200.000 e 300.000 persone vivono in aree che una volta erano paludi, zone alluvionali”. Insomma “una situazione  nazionale preoccupante. Per questo servono tante opere, alcune anche  piccole, che servono a proteggere le città”. Ma, come ammette a margine della presentazione il ministro dell’Ambiente, Gian Luca Galletti, a tre anni dalla nascita della struttura il lavoro svolto non ha ancora risolto i tanti problemi italiani e si configura come “lunghissimo”, perché “ha davanti a sé un orizzonte di 20 anni per fare tutto ciò di cui il Paese ha bisogno”.
Il piano nazionale si basa sulla pianificazione di opere e interventi con l’obiettivo della riduzione del rischio frane e alluvioni in chiave preventiva e non emergenziale. Un progetto vasto e articolato al quale collaborano la Presidenza del Consiglio, il ministero dell’Ambiente, il Dipartimento della Protezione civile e diverse istituzioni e agenzie come le commissioni parlamentari, l’Agenzia di coesione territoriale, l’Autorità idrica nazionale, le Regioni, i Comuni, i Consorzi di Bonifica, istituzioni scientifiche come Ispra, Cnr e Istat, università, la rete delle professioni e in particolare geologi e ingegneri.
Secondo i risultati riportati nel libro, la struttura di missione ha un piano finanziario che, fino al 2023, potrà contare su risorse pari a 8 miliardi e 896 milioni di euro, dei quali 6 miliardi e 636 da fondi Ue-Fsc-ordinari, più 2 miliardi e 260 milioni recuperati da Italiasicura dopo una verifica dei fondi non spesi dagli enti locali nella programmazione 2000-2014, con i quali sono stati aperti o riaperti 1.337 cantieri, anch’essi sotto controlli e monitoraggi.
Il percorso di realizzazione di queste opere punta alla “massima trasparenza e partecipazione”: oltre al report, è previsto un sito georeferenziato che garantisce a chiunque la possibilità di poter verificare gli stati di avanzamento dei cantieri e di poter interagire con le amministrazioni e i tecnici attraverso i principali social network.
Secondo  D’Angelis, “sono circa 10.400 le opere in tutte le regioni di cui 1.300 già in corso, cioè cantieri aperti. Il fabbisogno nazionale è intorno ai 29 miliardi per opere che durano tempi anche lunghi”, ad esempio “i cantieri di Genova, finanziati con quasi mezzo miliardo, si concluderanno nel 2020-2021, e  così a Firenze, Milano e altre città”.
“Questi 29 miliardi – continua D’Angelis – sono risorse in parte già  disponibili, ma disponibili sulla base delle progettazioni esecutive perché l’amara sorpresa è stato verificare che quasi il 90% delle opere che ci sono state consegnate, regione per regione, purtroppo sono studi di fattibilità e non opere pronte per andare a gara ed essere finanziate. Sono opere che devono ancora essere progettate e questo la dice lunga anche sul ritardo del nostro Paese sul piano della prevenzione”. Un ritardo che, a tre anni dalla costituzione della struttura di missione, continua a pesare in termini di vite umane e di dissesto del territorio. Certamente, dunque, ‘Italiasicura’ attesta un primo passo verso il cambiamento di “approccio culturale”, come sottolineato oggi dal sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei ministri, Maria Elena Boschi, grazie ad “una programmazione non legata alle emergenze ma preventiva, ordinaria, contro il dissesto”. Però ora serve che la programmazione di trasformi in opere materiali, come “casse di espansione, allargamento di sezioni di condotte sotterranee, canali scolmatori, opere su versanti franosi”, che – ammette lo stesso rapporto – sono “attesi anche da mezzo secolo da Genova a Milano, da Firenze”.