di Annarita D’Agostino

Anche se i margini di ‘manovra’ per la finanza pubblica sono sempre più stretti, gli obiettivi di riduzione del deficit 2018 non possono essere mancati: la Corte dei Conti non fa sconti al governo. In audizione sul decreto legge manovra davanti alla commissioni Bilancio di Camera e Senato, l’organo afferma che “il percorso di aggiustamento non sembra tuttavia più rinviabile poiché il costo che ne deriverebbe sarebbe oneroso e permanente”.
Destano preoccupazione le misure previste sul lato delle spese, le quali “rafforzano la convinzione che i tagli di spesa già scontati nei quadri tendenziali siano impegnativi” e “ciò costringe a continue modifiche sulla modalità di attuazione dei tagli, che spesso gravano sugli investimenti”. Particolare attenzione per la Corte va prestata alle “necessità poste dalle emergenze legate agli eventi sismici” che “per quanto non rilevanti ai fini dei saldi strutturali, richiederanno un impegno finanziario di rilievo nel prossimo futuro, come dimostra l’entità dei fondi destinati doverosamente a queste finalità”. Ma “la conferma, da parte del governo, della misura del deficit all’1,2% nel 2018, un punto inferiore al 2017, appare certamente opportuna e rappresenta un obiettivo da perseguire con fermezza”.
Entrando nel dettaglio tecnico, la Corte rileva che la disattivazione parziale della clausola di salvaguardia – che, introdotta per la prima volta nella manovra di luglio del 2011 e più volte modificata, prevede l’aumento automatico dell’Iva nel caso in cui lo Stato non riesca a reperire le risorse pianificate – “è una scelta opportuna proprio per ridurre il rilievo delle correzioni da affrontare il prossimo autunno con la legge di bilancio” anche se si tratta di “una scelta non semplice che poggia prevalentemente sulla capacità di rendere strutturali gli effetti di misure dirette a incidere sull’evasione e sull’elusione fiscale”. Tale disattivazione, oltre a richiedere un attento monitoraggio dei risultati, lascia comunque “aperto il tema delle agevolazioni fiscali”, per le quali occorrono misure di razionalizzazione e di riorganizzazione.
Inoltre, secondo la Corte bisogna evitare che nuovi meccanismi di contrasto all’evasione fiscale generino “ulteriori aggravi sui contribuenti fedeli, se non altro sul piano delle disponibilità liquide”, come nel caso dello split-payment introdotto dal governo Renzi che prevede la scissione del pagamento dell’Iva nei rapporti commerciali fra imprese e PA (il corrispettivo del servizio o del bene viene saldato all’azienda che però non incassa l’Iva, nonostante l’abbia prevista nella sua fattura, e solo in un secondo momento potrà chiederne il rimborso così da attuare il meccanismo della compensazione).