di Caterina Mangia

Hanno vinto i no, ora si naviga – anzi si vola – nell’incertezza.
Con il 67,5 per cento dei voti contrari al referendum sul preaccordo siglato lo scorso 14 aprile tra Alitalia e sindacati, per la compagnia di bandiera si apre la strada del commissariamento.
Sono stati 6816 i lavoratori che hanno bocciato il verbale di intesa sul piano di ricapitalizzazione dell’azienda, 3206 quelli che hanno invece scelto il sì.
“Quello che si evince – è stato il commento di Ugl Trasporto Aereo, Filt-Cgil, Fit-Cisl, UilTrasporti – è che la votazione è stata una votazione sofferta, ma decisa contro un’azienda che poco ha fatto finora per risollevare le proprie sorti”. I sindacati si dichiarano in attesa delle “valutazioni e decisioni degli azionisti e del governo”, nella “consapevolezza di cercare sino all’ultimo ogni soluzione possibile per evitare decisioni che sarebbero traumatiche e non più modificabili”.
Non sono infatti rosei gli scenari che si aprono: in poche parole, o verrà trovato un nuovo acquirente, o la via da percorrere sarà una sola: quella del fallimento della compagnia, con costi che potrebbero toccare il miliardo di euro.
Intanto, l’incontro in calendario oggi al ministero dello Sviluppo economico per fare il punto sull’esito del referendum è saltato: si terrà dopo l’assemblea dei soci, convocata per domani o per il prossimo 2 maggio.
Per parte sua, il premier Paolo Gentiloni ha messo una pietra sull’ipotesi di statalizzazione: “chi governa ha come compito di dedicarsi alla soluzione dei problemi, ma anche di dire la verità. E su questo la verità l’avevo detta prima e la dico anche adesso: non ci sono le condizioni per una nazionalizzazione di Alitalia”.
Il presidente del Consiglio si è poi dichiarato “deluso e preoccupato” per la situazione in cui versa l’azienda, aggiungendo: “ci lavoreremo sapendo che la decisione sul referendum rende più difficile una sfida che si trascina già da 15 anni”.
Anche il ministro dello Sviluppo economico Calenda ha confermato le parole del premier: “si è diffusa l’idea, sbagliata, che Alitalia possa essere nazionalizzata e che ci siano i contribuenti a saldare i conti. E invece non può accadere”. Gli fa eco il ministro dei Trasporti Graziano Delrio, risoluto in un’intervista con la Stampa: “indietro non possiamo tornare. Qualcuno si è convinto ci sarebbe stato l’ennesimo salvataggio pubblico, ma non ci sarà”. Poletti invece focalizza sulle conseguenze occupazionali dell’esito della consultazione: “si apre una fase di incertezza e di sacrifici”; il ministro parla di “rischio” per circa 20 mila posti di lavoro e per uno stop alle integrazioni degli ammortizzatori.
Nella serata di ieri Calenda ha inoltre reso noto che sarà negoziato un prestito ponte con l’Ue per l’azienda: l’Unione europea può “dare per un periodo di tempo limitato” il via libera a un aiuto pubblico “per un orizzonte di sei mesi, a condizioni molto precise che negozieremo sotto forma di prestito”.
In una nota congiunta diffusa nei giorni scorsi Calenda , Delrio e Poletti hanno inoltre chiarito quale sarà il ruolo prioritario del Governo: in “attesa di capire cosa decideranno gli attuali soci di Alitalia”, l’obiettivo sarà “ quello di ridurre al minimo i costi per i cittadini italiani e per i viaggiatori”.