di A.D.

Sulla riforma dei giochi non c’è accordo fra governo ed enti locali. Un rinvio motivato, secondo le Regioni, dal fatto che il Consiglio dei Ministri avrebbe approvato un decreto che prevede maggiori entrate per 400-500 milioni dal settore del gaming derivanti dall’aumento della tassazione a fronte, però, della diminuzione dell’offerta. Massimo Garavaglia, coordinatore degli assessori finanziari, ha dichiarato a Il Velino: “Non abbiamo il testo del decreto. Ormai c’è la moda di approvare i decreti in forma orale. Ma non sappiamo ancora di cosa si tratta in concreto. Si vocifera che dal settore dei giochi ci si aspetta un aumento delle entrate stimato in 400-500 milioni di euro. Quello che è da capire è come questo si coniuga con la riduzione dell’offerta prospettata dall’ipotesi di accordo. Vediamo le carte e poi ne parliamo”.
La manovrina che accompagnerebbe Def e Pnr prevede un pacchetto che vale fra 600 e 800 milioni di euro; l’aumento del Prelievo unico erariale dell’1% sulle slot e dello 0,5% sulle videolotteries e l’inasprimento della tassa sulle vincite – “una misura da paese sudamericano” per Garavaglia – sono le principali misure di quella che per le imprese del settore è l’ennesima stangata. Ma il settore dei giochi è diventato una ‘stangata’ anche per molte famiglie: la ludopatia ha avuto un incremento che sfiora il 90%. Difficile quantificare un fenomeno dai contorni spesso labili. Secondo il Rapporto Eurispes 2009, il numero di giocatori “problematici” varia dall’1,3% al 3,8% della popolazione generale (da 767.000 a 2.296.000 italiani adulti), mentre il numero dei giocatori “patologici” (dipendenza) è calcolabile dallo 0,5% al 2,2% (da 302.000 a 1.329.00 italiani adulti). Ma questi numeri, data proprio la difficoltà di stima, sono sicuramente aumentati negli anni, tanto che si ipotizza che oggi il fenomeno coinvolga almeno due milioni di persone su circa 30 milioni di giocatori abituali.
Il riordino del settore dei giochi apre però un altro fronte caldo: la tutela dei posti di lavoro. Secondo Raffaele Curcio, presidente dell’Associazione Nazionale Servizi Apparecchi per le Pubbliche Attrazioni Ricreative (Sapar), lo scenario che si aprirebbe è nefasto: “aziende costrette alla chiusura, posti di lavoro in fumo, più disoccupazione e nessun contrasto al gioco patologico”. L’associazione rappresenta più di 1700 imprese con un indotto di circa 200000 lavoratori. Secondo il Sapar, inoltre, “è davvero incomprensibile l’accanimento verso la rete fisica degli apparecchi e l’indulgenza verso altre offerte, come ad esempio il gioco on line. Smantellare una rete fisica composta da circa 85.000 pubblici esercizi vuol dire condannare alla chiusura le aziende, le piccole e medie imprese, distruggere posti di lavoro e il presidio di legalità che la filiera rappresenta sui territori. La conseguenza sarà il ritorno all’epoca dei videopoker illegali e delle bische clandestine, senza nessun controllo da parte dello Stato, benefici per l’erario e tutela dei giocatori”.
Delle tante questioni aperte sulla riforma dei giochi si discuterà nuovamente nel corso della conferenza Unificata del prossimo 4 maggio.