di Caterina Mangia

Un Paese penultimo in Ue per tasso di occupazione – fa peggio solo la Grecia –; in cui 4,5 milioni di persone vivono in povertà assoluta;  con un Pil pro capite inferiore del 4,5 per cento rispetto alla media europea; in cui la pressione fiscale, nonostante sia in calo, è migliore soltanto di quella francese. E’ un quadro disastroso quello che emerge dalla nona edizione del rapporto Istat “Noi Italia. 100 statistiche per capire il Paese in cui viviamo”.
E non ci si ferma qui: l’Italia è quartultima nel Vecchio Continente per numero di cittadini tra i 25 e i 64 anni con livello di istruzione non elevato, e seconda solo alla Germania per indice di vecchiaia; il nostro è inoltre un Paese che vede l’aumento dell’incidenza dei divorzi, che è in forte ritardo sull’intensità autostradale e ferroviaria, in cui il 23,3 per cento della spesa sanitaria è a carico delle famiglie e la cui produttività nel 2016 ha registrato un nuovo calo dell’1,2 per cento.
Numeri e statistiche scoraggianti, a fronte dei quali arriva però qualche consolazione: nel 2016 le persone soddisfatte per la propria situazione economica sono il 50,5 per cento, in aumento per il terzo anno consecutivo; è in calo la quota di famiglie che percepiscono un elevato pericolo di criminalità nella zona in cui vivono (dal 41,1 per cento del 2015 al 38,9 per cento del 2016); il nostro Paese è tra i primi in Europa per densità di attività produttive. In Italia infine aumenta la raccolta differenziata a dispetto della discarica ed è in crescita il traffico aereo.
Gli indicatori che preoccupano maggiormente sono quelli relativi al lavoro e alla povertà: in Italia sono occupate poco più di sei persone su dieci tra i 20 e i 64 anni, ovvero il 61,6 per cento della popolazione. E’ ancora forte lo squilibrio di genere (71,7 per cento gli uomini occupati, 51,6% le donne), e il divario Nord-Sud (69,4 per cento contro il 47 per cento).
Inoltre, il numero di italiani poveri è veramente drammatico: si tratta di più di otto milioni di persone, di cui quattro e mezzo vivono in condizioni di povertà assoluta: non hanno il minimo  indispensabile per vivere.
Si conferma il forte svantaggio del Mezzogiorno dove, nel 2015, le famiglie in povertà relativa sono circa un quinto di quelle residenti e quelle in povertà assoluta rappresentano il 9,1 per cento.
E’ lo stesso Istat a commentare la grande mole di dati raccolti: negli ultimi anni, molti indicatori segnalano “progressi importanti a livello nazionale. Questi risultati, tuttavia – si legge nella nota dell’istituto -, non si sono sempre tradotti nel miglioramento della posizione dell’Italia nel contesto europeo, soprattutto rispetto ai principali partner”; in poche parole, “nella maggioranza dei casi, la comparazione mostra ancora l’Italia sistematicamente collocata al di sotto della media europea, a meno di qualche apprezzabile eccezione”.
Un quadro di luci ed ombre, quello dell’Istat, in cui purtroppo – da troppi anni – sono le seconde a fare da padrone.