C.P.

Potranno i robot sostituire chi lavora? E’ un quesito sul quale si stanno interrogando in tanti, ma sembra che gli italiani non siano spaventati da questa ipotesi. Secondo quanto emerge dalla ricerca del Randstad Employer Brand la maggioranza dei lavoratori, il 46%, crede che l’automazione migliorerà il proprio lavoro, il 37% pensa che non avrà alcuna influenza sulle proprie mansioni. L’11%, invece, teme di perdere l’impiego come conseguenza dell’avvento delle nuove tecnologie.
Eppure continuano le invenzioni di robot che svolgono “classici lavori da essere umano”. Nell’ospedale di Pescara due robot, uno a guida manuale e l’altro a comando vocale, con un solo operatore, cioè il chirurgo, ha eseguito un intervento di isterectomia, primo al mondo di questo tipo. Ancora, alla fiera Italiana dell’industria manifatturiera a Parma, è sbarcato Jobot, un robot pensato e progettato per trasportare autonomamente oggetti in diversi punti di ambienti complessi – come uffici o fabbriche – per la presenza, in uno spazio relativamente ristretto, di tante cose e persone. Alla Camera Nao, è stato presentato il primo robot docente in una scuola toscana.
Insomma la quarta rivoluzione industriale sembra decisamente alle porte ed ora anche il mondo dell’ecommerce si aggiorna con il primo camerino di prova virtuale al mondo che utilizza la tecnologia 3D. L’idea è di Fitle, una start-up parigina nata nel 2013 che ha sviluppato una soluzione di sizing per i siti e-commerce di moda. La start-up ha creato lo strumento di guida alle taglie più avanzato sul mercato che permette ai clienti di trovare la taglia più adatta a loro in pochi semplici clic e di poter provare gli indumenti in tempo reale, grazie alla tecnologia 3D.
I tempi cambiano e il mondo si aggiorna, ma quello del lavoro deve necessariamente riflettere su quale sarà il suo destino. L’Ugl questo lo ha già iniziato a fare. Nelle conferenze programmatiche che il sindacato sta portando avanti in tutta Italia, uno dei temi è proprio quello de “La società del mezzo lavoro”. Ai cambiamenti va data una risposta adeguata proteggendo sia chi lavora e che chi fa impresa. Il tema dei robot come possibili sostituti è effettivamente uno dei temi da affrontare visto che potrebbe davvero cambiare il modo di concepire il lavoro. Un recente studio pubblicato dal National Bureau of Economic Research del Mit di Boston, ad esempio, sostiene che negli Usa dal 1990 in poi l’automazione ha fatto calare l’occupazione e i salari medi. I ricercatori, usando i dati reali per stimare attraverso algoritmi l’impatto dell’uso dei robot nell’industria manifatturiera, sono arrivati alla conclusione che per ogni robot introdotto ogni mille lavoratori si perdono fino a sei posti di lavoro, e i salari calano dello 0,75%. In totale nel periodo considerato sono stati persi 670mila posti di lavoro, solo in parte rimpiazzati, e l’effetto, precisano gli autori dello studio, e’ stato calcolato escludendo possibili fattori confondenti, come il boom delle importazioni da Cina e Messico o la delocalizzazione delle aziende.
Anche secondo gli economisti dell’Oxford Martin School nei prossimi vent’anni i computer potranno ridefinire il mondo dell’occupazione e potenzialmente rendere obsoleto il 47% dei posti di lavoro.
La domanda, forse, non è se dobbiamo preoccuparci, ma cosa fare per evitare che la tecnologia si trasformi in un boomerang per i lavoratori.