La compagnia di assicurazione “RBM:AssicurazioneSalute” ha pubblicato gli atti del convegno definito “Welfare day” svoltosi lo scorso anno avente per tema: “Oltre l’attuale welfare integrativo: rinnovare la previdenza complementare e la sanità integrativa.”
Al convegno erano state invitate le Parti Sociali per esprimere le loro considerazioni, e tra esse vi era l’UGL rappresentata dal dirigente confederale dell’ufficio per la previdenza Nazzareno Mollicone.
Pubblichiamo quindi qui di seguito l’intervento da lui svolto, da cui sono state omesse le parti più discorsive relative al momento dell’intervento.

Nazzareno Mollicone – Dirigente Confederale dell’Ugl
Le Parti Sociali negli ultimi anni stanno avendo un ruolo importante nelle negoziazioni contrattuali per quanto riguarda sia la previdenza complementare, sia i fondi sanitari integrativi .
Il ruolo delle parti sociali che realizzano questi sistemi di previdenza rientra nel quadro più generale di quella che viene chiamata la sussidiarietà. Nel momento in cui è stato constatato che lo Stato sta rinunciando o indebolendo alcune delle prestazioni che venivano tradizionalmente ed istituzionalmente erogate ai lavoratori, quali la pensione e l’assistenza sanitaria, si è creato un vuoto:  ed il sindacato si è dovuto far carico di questa nuova esigenza.
Oggi il sindacato sta trattando a livello aziendale più questi problemi che quelli relativi agli incrementi contributivi, anche perché le situazioni di economia nazionale non sono tali da poterne erogare in misura significativa.
Tuttavia, va considerato come questo ruolo crescente delle parti sociali per coprire tutte queste deficienze dello Stato accettando di applicare tale “sussidiarietà”, non sia a “costo zero”: essa non è gratuita, perché se si fa la previdenza complementare il lavoratore paga qualcosa in più ed anche  le aziende pagano qualcosa in più; se si fa insieme ad essa la sanità integrativa, una parte dei costi della previdenza complementare viene caricata su questa copertura. Allora sarebbe opportuno che questa forma di sussidiarietà verso cui si sta avviando il sistema sociale italiano debba essere agevolata in qualche modo dal punto di vista fiscale, non solo esentando il contributo versato.
Però va aggiunta un’altra cosa. E’ vero che noi come sindacato cerchiamo di tutelare tutti questi aspetti carenti però non dimentichiamo che in Italia rimane una grande fascia di lavoratori che è scoperta da questo punto di vista: sono i dipendenti delle piccole imprese, i lavoratori che chiamiamo semi-autonomi, e poi c’è tutto il lavoro precario che praticamente non avendo prospettive certe e comunque non essendo legato in modo stabile ad un’azienda non può’ partecipare ai fondi pensione o integrativi sanitari che ci sono.
Ecco, da questo punto di vista pensiamo che dove il Sindacato non può arrivare sarebbe opportuno attivare una disposizione esistente della Costituzione in cui si prevede che le Regioni possano fare dei fondi di previdenza complementare sia pensionistica che sanitaria a livello territoriale, per coprire tutta quest’area scoperta: ovviamente, con la partecipazione delle parti sociali del territorio e con un contributo da parte delle Regioni, quel contributo che in genere da il datore di lavoro.
Perché se non si fa così, nasce un altro problema sociale, quello di un crescente squilibro fra tutti i cittadini italiani: ci sono quelli dipendenti delle imprese che possono – grazie all’opera del sindacato e dei datori di lavoro – realizzare queste forme di solidarietà e ci sono invece altre fasce di cittadini lavoratori che non lo possono fare. Noi arriveremo ad una divaricazione crescente della situazione sociale italiana che si avvicina quasi a quella per esempio esistente negli Stati Uniti d’America, dove c’è chi si può permettere l’assicurazione sanitaria, pensione e via dicendo e ci sono quelli che ne sono totalmente privi. Ecco, noi certamente questo non lo vogliamo: quindi tutti dovrebbero poter essere tutelati.
Va poi detta un’altra cosa importante. Spesso si parla della cosiddetta “long term care” sull’assistenza agli anziani con malattie croniche od invalidanti.
A questo proposito, occorre fare un’osservazione. Nel momento in cui si allunga l’età pensionabile anche con la considerazione che si allunga la speranza di vita (tanto è vero che adesso la pensione viene calcolata proprio in base al parametro sugli anni presunti di erogazione della pensione) sarebbe anche opportuno che i limiti di età che sono previsti dalle coperture sanitarie integrative siano estesi: si desse insomma la possibilità a persone che hanno superato i settant’anni di poter accedere a questo tipo di fondi.
Perché altrimenti avremmo questo risultato, che da un lato cresce la popolazione anziana con dei problemi diversi e nuovi che necessitano di un’assistenza sanitaria continua, e dall’altro cessa la copertura assicurativa e restano le carenze del sistema sanitario nazionale.
Aggiungiamo un’ultima cosa rispetto ai confronti che sono stati fatti tra il costo della sanità integrativa privata e il costo della sanità pubblica, ossia la questione dei tickets. Anche in questo caso le Regioni dovrebbero avere la responsabilità di rivedere tutto il sistema dei tickets con le categorie di esenzione – che spesso come ben sappiamo sono piuttosto artificiose e consentono anche abusi –  ma soprattutto sono legate al reddito e non all’età che ovviamente necessita di maggior ricorso all’assistenza sanitaria. Inoltre, il vero confronto che c’è tra assistenza sanitaria pubblica e quella integrativa non è tanto sul costo ma sui tempi di attesa. Questo è il fattore principale su cui intervenire per migliorare il Servizio Sanitario Nazionale.
In conclusione, va rilevato come le Parti Sociali mettano il massimo impegno a livello aziendale e nazionale  per la previdenza complementare ed integrativa sanitaria: ma occorre un’attiva interlocuzione con il Governo e le Regioni (che invece non c’è) per migliorare la situazione dei lavoratori e dei cittadini.  Questi Enti devono fare la loro parte, il Governo per la parte fiscale e la spesa sanitaria; le Regioni per il loro intervento sulla migliore gestione del servizio sanitario nazionale.