di Claudia Tarantino

In Italia ci sono circa 21 milioni di contribuenti con debiti a vario titolo verso gli oltre 8 mila enti creditori per cui Equitalia esercita la riscossione.
E’ quanto emerge dall’intervento del presidente e amministratore delegato della società pubblica di riscossione, Ernesto Maria Ruffini, in audizione in commissione Finanze alla Camera sulle tematiche relative al contrasto dell’evasione fiscale.
Un popolo di debitori, quindi, anche se in molti casi si tratta di insolvenze relative a piccole somme: il 53% dei cittadini, infatti, ha registrato passivi che non superano i mille euro. I debiti tra i 1.000 e i 5.000 euro rappresentano il 20,4% del totale, il 7,1% si trova tra i 5mila e i 10mila euro, l’11,9% tra 10mila e 50mila. I ‘grandi’ debitori sono il 3%, con passivi tra i 50 e i 100mila euro, mentre il 4% sono coloro che devono al fisco oltre 100mila euro.
Secondo i dati Equitalia, nel biennio 2015-16 la società ha riscosso “quasi 17 miliardi (16.996,2 milioni), rispetto a un consuntivo del biennio precedente di circa 14,5 miliardi”. Si tratta di una differenza positiva di circa 2,5 miliardi, il 16,85% in più di debiti assolti.
Questo dato, preso singolarmente, farebbe quasi pensare ad una rinnovata propensione degli italiani a saldare i propri debiti. In realtà, se confrontato con quelli relativi alle riscossioni realizzate attraverso la ‘rateizzazione’, ci si rende conto che le circa 6,5 milioni di istanze di dilazione presentate all’Ente, per un valore di oltre 116 miliardi di euro dal 2008 ad oggi, rappresentano la richiesta di ‘aiuto’ lanciata dai contribuenti che altrimenti non riuscirebbero ad estinguere le proprie pendenze e a pagare le tasse.
E ciò permette anche di comprendere meglio il fenomeno di queste ultime settimane relativo al ‘boom’ delle cartelle esattoriali in via di rottamazione, che in base ai dati elaborati da Equitalia fino al 23 marzo risultano pari a circa 500 mila, per un controvalore lordo di 8,3 miliardi di euro.
Nonostante ciò, il Presidente Ruffini, spiega che il 43% del ‘magazzino’ dei debiti (che per oltre 591 miliardi su 817 complessivi fa riferimento a “somme iscritte a ruolo dagli enti impositori oltre 15 anni fa) è di difficile recupero perché “147,4 miliardi di euro sono dovuti da soggetti falliti, 85 miliardi da persone decedute e imprese cessate, 95 miliardi da nullatenenti (in base ai dati presenti nell’Anagrafe tributaria), per altri 30,4 miliardi la riscossione è sospesa per provvedimenti di autotutela emessi dagli enti creditori o sentenze dell’autorità giudiziaria. Restano 459,2 miliardi, di cui oltre il 75% (348,4 miliardi) si riferisce a contribuenti nei confronti dei quali l’Agente della riscossione, come è noto, ha già tentato invano, in questi anni, azioni di recupero esecutive e/o cautelari”. L’ad ha aggiunto che “ulteriori 26,2 miliardi di euro sono oggetto di pagamenti rateizzati in essere” e che di conseguenza “l’effettivo magazzino residuo su cui poter presumibilmente svolgere azioni di recupero si riduce quindi a 84,6 miliardi di euro, di cui circa 32,7 miliardi sono riferiti a posizioni non lavorabili per effetto delle norme a favore dei contribuenti”.