di Annarita D’Agostino

Un colosso petrolifero chiede al governo di difendere l’ambiente. Messa così, la notizia fa sorridere e commentare: “è una bufala”. Invece, carta canta: la multinazionale Exxon Mobil ha scritto una lettera alla Casa Bianca per chiedere di non ritirare la firma dall’accordo di Parigi sul clima, il primo, faticato tentativo di limitare le emissioni e il dumping ambientale, sottoscritto dai paesi sviluppati e dai giganti emergenti Cina ed India. Secondo la compagnia, l’accordo di Parigi rappresenta un “quadro normativo efficace per affrontare i rischi del cambiamento climatico”. Sarebbe pertanto “prudente che gli Stati Uniti restassero all’interno dell’accordo di Parigi per garantire un campo di gioco livellato per tutti ed in modo che i mercati energetici restino il più possibile liberi e competitivi”.
Il legame fra l’amministrazione Trump e la Exxon è molto stretto: il segretario di Stato Rex Tillerson è stato per molti anni al vertice della compagnia ed è accreditato come l’autore della svolta green della compagnia. Eppure la lettera non è servita a fermare la contestata azione di rottamazione delle politiche ambientali messe in atto dal presidente: con un decreto, il leader USA ha ordinato di rivedere le norme per la riduzione delle emissioni inquinanti delle industrie americane, contenute nel Clean Air Act, e ha rilanciato la produzione nelle miniere di carbone per il funzionamento delle centrali elettriche e degli impianti di estrazione di gas e petrolio. “Rimetteremo i minatori al lavoro” e “fine alla guerra al carbone” gli slogan di questa nuova battaglia controrivoluzionaria del tycoon, che vuole così aumentare l’indipendenza energetica del Paese.
Molti osservatori hanno notato però che, per il momento, l’offensiva anti-ambientalista di Trump non ha contemplato nel concreto il cavallo di battaglia elettorale, ovvero l’uscita dall’accordo di Parigi, né toccato il principio che ha ispirato la politica ambientale della precedente amministrazione, secondo cui le emissioni di gas serra minacciano la salute dell’uomo. Dunque, la riorganizzazione normativa annunciata da Trump avrebbe effetti limitati, anche perché difficilmente le industrie energetiche americane torneranno all’uso di combustibili fossili dopo aver introdotto fonti alternative come gas naturale, solare ed eolico.
Il motivo sarebbero proprio le divergenze interne all’amministrazione Trump, che sono emerse con la presa di posizione ufficiale della Exxon Mobil. Tuttavia, le idee ‘poco green’ del presidente americano preoccupano, e non poco, visto che, oltre all’eliminazione dei limiti alle emissioni di carbonio, la scure di Trump rischia di abbattersi sulle restrizioni alla pratica del fracking per estrarre gas e petrolio e alle trivellazioni offshore. Se a ciò si aggiunge che, alla guida dell’Epa, l’Agenzia per la protezione ambientale, c’è il fidato Scott Pruitt, che ha sempre negato il contributo dei gas serra al riscaldamento globale, sono impossibili sonni, e respiri, tranquilli.