di Giovanni Magliaro Responsabile Ufficio Legale Ugl

Congresso Confederale Ugl 2006

Dal documento politico approvato all’unanimità dal Congresso

“omissis”

Il ruolo attivo dello Stato nei processi economici è indispensabile per stabilire la priorità degli interessi collettivi sui singoli interessi individuali o di gruppo ed è un essenziale fattore di sviluppo e di crescita. Ciò è ancora più vero nell’attuale decisiva fase di transizione in cui i processi di adeguamento strutturale non possono essere ragionevolmente lasciati al cosiddetto spontaneismo del mercato.

L’obiettivo principale della politica economica dello Stato e dei governi deve essere quello di una crescita equilibrata che crei occupazione, attraverso investimenti pubblici e misure macroeconomiche adatti a stabilire un ambiente favorevole agli investimenti privati, privilegiando lo sviluppo e la diffusione delle nuove tecnologie come fonte di ricchezza nazionale e di nuova occupazione qualificata.

Non sono condivisibili le teorie che indicano la necessità di un drastico ridimensionamento della presenza pubblica nelle attività economiche e sociali sulla base dell’assunto che in fondo l’intervento dello Stato nell’economia sarebbe comunque negativo per il benessere collettivo, che la funzione primaria di redistribuzione della ricchezza si tradurrebbe di fatto in un abuso a danno di chi produce e che la capacità di autoregolamentazione del mercato sarebbe sufficiente da sola ad evitare squilibri economici e sociali. La UGL ritiene al contrario che il ruolo dello Stato nella politica economica sia essenziale in generale e lo divenga ancora di più in un’economia di mercato con esasperata competitività internazionale come quella attuale.

L’economicismo capitalistico tende per sua natura a diffondersi anche nella sfera pubblica e a subordinare alle sue regole tutti gli aspetti della società civile. Questa tendenza deve va contrastata  perché contiene in sé un enorme potenziale di disgregazione sociale ed è una seria minaccia alla stessa sopravvivenza dei nostri modelli di convivenza civile.

Le attività proprie dello Stato e delle strutture pubbliche in genere devono essere ispirate istituzionalmente a principi di benessere collettivo e di solidarietà generale e non possono essere condizionate e in certi casi svuotate di significato in nome del profitto, della competitività e dell’utilitarismo. L’efficienza, il livello qualitativo e l’eliminazione di sprechi nella resa delle attività pubbliche sono ovviamente indispensabili ma possono essere ottenute senza perdere di vista la loro natura pubblica e le loro finalità essenziali. Ciò va inteso nel senso più ampio, comprendendo i tradizionali campi istituzionali dello Stato, il welfare, l’assistenza sanitaria, il sistema previdenziale nonché gli strumenti idonei ad ammortizzare gli effetti negativi sul sociale derivanti dalla flessibilità generalizzata indotta dalla globalizzazione per realizzare un modello di convivenza basato su un’economia sociale di mercato.