Caterina Mangia

E’scattato il giorno “X”, quello del divorzio.
A quarantaquattro anni dal lontano 1° gennaio del 1973 che ha sancito l’entrata dell’United Kingdom nella Comunità europea, la giornata di oggi segna l’avvio formale dell’iter della Brexit.
Il primo ministro britannico Theresa May ha infatti firmato la notifica dell’Articolo 50 del Trattato di Lisbona, che alle 13.30 è stato consegnato da Sir Tim Barrow, ambasciatore dell’Uk presso l’Ue, al presidente del Consiglio europeo, Donald Tusk.
“E’uno dei momenti più importanti della storia recente del Regno Unito”, è scritto nel discorso alla Camera dei Comuni del premier May, che invita a ricucire gli strappi creati con il referendum: “è il momento di essere uniti, siamo una grande unione di persone e nazioni con una storia di cui andar fieri e un brillante futuro”. Poi un riferimento ai milioni di residenti europei che “hanno fatto di questo Paese la loro casa” e l’impegno a “rappresentare ogni persona in tutto il Regno Unito, inclusi i cittadini Ue”. Infine un’asserzione tranquillizzante: “siamo una grande unione di persone e nazioni con una storia di cui andar fieri e un brillante futuro”.
In realtà, il biennio di negoziati che prenderà il via a giugno non sarà immune da ostacoli e difficoltà. Nella bozza di risoluzione – di cui l’Ansa ha preso visione – che sarà discussa in plenaria a Strasburgo il 5 aprile, il Parlamento europeo “richiede il giusto trattamento dei cittadini dei 27 Paesi dell’Ue che risiedono nel Regno Unito e di quelli britannici negli Stati Ue”, ed è dell’opinione “che nel negoziato si debba dare piena priorità ai loro rispettivi interessi”. Tra gli elementi che dovranno essere affrontati dai negoziati, si legge nel documento, anche la messa a punto “degli obblighi finanziari tra il Regno Unito e l’Ue; la frontiera esterna dell’Unione; il chiarimento dello status degli impegni internazionali del Regno Unito presi in qualità di membro dell’Ue”. Per il ministro degli Esteri Angelino Alfano, si dovrà condurre una trattativa “seria, tosta, concreta, ma al tempo stesso non un negoziato punitivo, l’approccio non deve essere quello di punire Londra”. Oggi Alfano incontrerà il suo omologo britannico Boris Johnson, con cui parlerà della tutela degli italiani a Londra.
Intanto, in vista del “divorzio” dall’Unione europea la sterlina va in calo rispetto a tutte le principali altre valute: i mercati temono non solo per la Brexit, ma anche per la possibile secessione della Scozia da Londra.

L’ “AFFAIRE” SCOZIA

Ieri il Parlamento di Edimburgo ha votato a favore di un secondo referendum per l’indipendenza – dopo quello del 2014 in cui gli scozzesi decisero per il “no” alla secessione -, ma si è scontrato con l’opposizione della May: “non apriremo i negoziati sulla proposta”.
Oggi Angus Robertson, il capogruppo degli indipendentisti scozzesi dell’Snp, ha ribattuto seccamente alle dichiarazioni della May sulla necessità di unità: “sulla Brexit non siamo un regno Unito”; Robertson ha poi chiesto il rispetto del “voto democratico” del Parlamento scozzese, ricordando che il 23 giugno “due nazioni del Regno hanno votato per la Brexit e due contro”.
Ancora più lapidaria la replica della May: “voglio semplicemente ricordare che la Scozia è parte del Regno Unito”.

IRLANDA DEL NORD
Un altro fronte problematico riguarda il fatto che al referendum del 23 giugno anche l’Irlanda del Nord ha votato prevalentemente per il “Remain”; la possibile chiusura del confine tra le due Irlande, finalizzata al controllo dell’immigrazione dall’Ue, provocherebbe inoltre danni incalcolabili per l’economia dell’Ulster.

In sostanza, l’uscita del Regno Unito dall’Unione Europea rischia di frammentare in modo irreversibile l’United Kingdom al suo interno.